Buon Compleanno Bob! Ecco le nostre 80 canzoni-candeline.

Il 24 maggio 2021 Bob Dylan festeggia gli 80 anni. Un gran bel traguardo, considerando inoltre che l’attività musicale del fu Robert Zimmerman ha già superato i sei decenni. Abbiamo così pensato di selezionare 80 canzoni-candeline per celebrare questo compleanno; come c’era da immaginarsi, non è stata un’impresa facile, specie volendo scorrere tutto l’arco della carriera, dagli inizi sino a oggi. Ovviamente la scaletta è in gran parte occupata dagli anni ’60 (decisivi per la musica rock e non solo) e ’70 (ricchissimi di idee, svolte improvvise e ispirazione sublime). Se il periodo anni ’80-primi ’90 è considerato a fasi alterne non mancano in esso  i lampi di genio, mentre i titoli di fine programma raccontano la rivitalizzazione iniziata nel 1997 assecondando quell’idea, sempre presente in Dylan, di sciacquare i panni nella tradizione sonora americana.

A pensarci bene, 80 canzoni sono un’enormità anche per un artista dalla carriera lunga e ricca di uscite discografiche come Dylan. Eppure si sono dovute fare scelte complicate, si sono affrontati dubbi rimasti mezzi  irrisolti anche a cose fatte. Le assenze clamorose, anzi da lesa maestà dylaniana, sono Blowin’ in the Wind e  The Times They Are A-Changin’ . Le motiviazioni? Una è buonista e boyscoutistica (senza offesa per i boy scout…) e l’altra ha un tono messianico sin troppo sicuro di cambiamenti poi arrivati solo in parte. Anzi, si potrebbe dire che spiega come mai Dylan si stuferà, poco dopo, del folk. Più problematico è stato invece lasciar da parte cose come Chimes of Freedom, To Ramona, Spanish Harlem Incident, She Belongs to Me, Drifter’s Escape,  Lily, Rosemary & the Jack of Hearts, Silvio, Mississippi, I Contain Multitudes, persino il guilty pleasure You Angel You (e così siamo riusciti a nominarne un altro po’…)

Bene, aspettiamo critiche, persino contumelie e al tempo stesso speriamo che questo elencone induca alla curiosità soprattutto verso titoli poco noti eppure straordinari come Hazel, Going Going Gone, Dark Eyes e, più in generale, verso quella parte dolente, a volte persino indifesa, del canzoniere dylaniano. Per non dire di quella evocatrice di personaggi misteriosi e/o sinistri. Riascoltarli per scriverne è stata un’esperienza affascinante di scoperta e riscoperta. Fatevi affascinare anche voi.

  1. Masters of War Il Bob Dylan del folk e dei diritti civili al massimo della sua forza. Prende la spettrale melodia del traditional Nottamun Town e la trasforma in un’invettiva tuttora impeccabile contro i signori della guerra. Anche se i suddetti signori impeccabilmente continuano a uccidere.
  2. A Hard Rain’s A-Gonna Fall Ancora forte il legame con la tradizione folk: “Se non fossi cresciuto cantando John Henry non avrei potuto scrivere A Hard Rain’s A-Gonna Fall”. La melodia è quella della fosca ballata scozzese Lord Randal, fosca come il testo dedicato alla minaccia nucleare in piena Guerra Fredda.
  3. Don’t Think Twice, It’s Allright Quante migliaia di romantici giovanotti hanno imparato questa canzone per impressionare romantiche ragazze? Peccato che il testo sia assai più cinico che sentimentale.
  4. Girl from the North Country Qui invece è il giovane Bob a patire sofferenze amorose anziché infliggerle. Pare che la canzone sia stata scritta a Roma con Suze Rotolo (la ragazza sulla copertina di The Freewheelin’ Bob Dylan) come  musa ispiratrice. A ispirare melodia e struttura lirica è invece il tradizionale inglese Scarborough Fair nella versione di Martin Carthy (l’ascolterà anche Paul Simon…).
  5. Ballad of Hollis Brown Spettrale, ossessiva, terribile. Dopo averne ascoltate tante, Dylan scrive la sua murder ballad e la ambienta in South Dakota.
  6. The Lonesome Death of Hattie Carroll Questa storia di spregio  razziale che conduce alla morte di una donna afroamericana è il commiato di Bob Dylan dal folk di protesta. Il tribunale condannerà William Zantzinger a una pena irrisoria, la canzone al (meritato) disprezzo a vita.
  7. Chimes of Freedom Ancora soltanto voce e chitarra acustica, ma le canzoni diventano lunghe, strane, visionarie anche quando parlano di disperati e di campane della libertà.
  8. My Back Pages “Ero così tanto più vecchio allora/ Adesso sono ben più giovane di così”. Il distacco dal ruolo di messia dei nuovi tempi e della nuova protesta non potrebbe essere più chiaro.
  9. It Ain’t Me Babe A dispetto della veste folk, può essere considerato il primo brano pop di Bob Dylan, con tanto di formidabile ritornello. Quanto al testo, è probabile abbia suscitato parecchia invidia da parte dei misogini Stones.
  10. Subterranean Homesick Blues Il 1965 è l’anno dell’epocale, amata-aborrita svolta elettrica sia in concerto sia in studio. La mitragliata di parole di questo blues al fulmicotone rende benissimo la tensione del nuovo.
  11. Maggie’s Farm “Non lavorerò più nella fattoria di Maggie”: la protesta è ben diversa rispetto alla topicality del passato e anticipa la rabbia punk. Piacerà molto negli anni ’80 agli inglesi anti-thatcheriani.
  12. Mr. Tambourine Man Uno dei titoli più celebri del canzoniere dylaniano. Se non fosse per il testo notoriamente dedicato al tamburino-spacciatore si potrebbe parlare di canzone dolcissima.
  13. It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding) Un lungo blues che qualcuno ha interpretato come visionario ritratto della sconfitta della generazione anti-sistema. O della sconfitta di tutti, visto che “anche il presidente degli Stati Uniti, a volte, deve presentarsi nudo”.
  14. It’s All Over Now, Baby Blue Certo che al Dylan giovane le canzoni d’addio riuscivano proprio bene…
  15. Highway 61 Revisited La title-track di un album che cambia per sempre la storia della musica è un travolgente apologo da predicatore biblico in acido.  La Statale 61 è un luogo dove si radunano i disgraziati, ma dove tutto è parecchio interessante. Forse è questo il vero Dylan anti-sistema.
  16. Like A Rolling Stone Un sempiterno Top Ten del repertorio dylaniano, del rock tutto e anche della cultura del ‘900 (d’altronde parliamo del vincitore di un Nobel). Strofa ansiosa che si scioglie in un ritornello travolgente e versi memorabili. Ammettiamolo: tutti ci siamo sentiti, almeno una volta, come “una pietra che rotola”.
  17. Queen Jane Approximately Una canzone spesso sottovalutata eppure gentilmente memorabile, un ritratto femminile più affettuoso del solito.
  18. Ballad of a Thin Man Altra terzina stagliata nel marmo lirico del ‘900: “Perché qui sta succedendo qualcosa/ E tu non sai che cos’è/ Vero, Mister Jones?” Anche la musica, misteriosa e diafana in contrasto con l’adrenalina di altri brani,  dimostra che vi era nel Dylan di metà anni ’60 qualcosa di inumano.
  19. Just Like Tom Thumb’s Blues Non è famosissima, eppure è perfetta per spiegare un certo stile dylaniano fatto di lunghe strofe  piene di immagini che si concludono dilatando l’ultimo verso. E niente ritornello.
  20. Desolation Row Ancor più della Highway 61, il felliniano Vicolo della Desolazione èuna galleria di personaggi emblematici popolano : da Ofelia a Betty Davis, dal gobbo di Notre Dame ad “Einstein travestito da Robin Hood”. Oltre 11 minuti di voce e chitarra.
  21. I Want You  Blonde on Blonde è l’album dove Dylan ottiene infine “that thin, that wild, mercury sound” tanto agognato. Ed è un album con molte canzoni d’amore, fra cui questa dal refrain suadente eppure incalzante, dunque perfetto per esprimere un desiderio onnicomprensivo.
  22. Rainy Day Women 12 & 35 Una sghemba, stralunata marcetta che per molti italiani fu il primo, indiretto, incontro con Bob Dylan, visto che Antoine la propose al festival di Sanremo 1967 con il titolo Pietre. Naturalmente lo “stoned” del testo originale non aveva a che fare con le pietre…
  23. Visions of Johanna Canzone epica, visionaria e sentimentale in cui Johanna è un po’ Joan Baez, un po’ la futura moglie Sara Lownds, sicuramente una femme fatale.
  24. Just Like a Woman Un altro (chiaroscurale) ritratto femminile, forse ispirato dall’attrice warholiana Edie Sedgwick. Suadente la melodia e affascinante e misteriosa la frase d’apertura: “Nessuno prova alcun dolore/ Mentre io me ne sto chiuso nella pioggia”.
  25. Sad Eyed Lady of the Lowlands Per la prima volta una canzone che dura tutta una facciata (ancorché breve) di un 33 giri. Un valzer innamorato in omaggio a Sara Lownds (da cui l’allitterazione del titolo).
  26. All Along The Watchtower Sì, è vero, la versione definitiva è quella di Jimi Hendrix. Però l’armonica di Bob evoca perfettamente il vento che comincia a ululare alla fine della canzone.
  27. I Dreamed I Saw St. Augustine  La storia della messa a morte di Sant’Agostino (in realtà morto di malattia) ha  musica e parole che ricordano il martire moderno Joe Hill. E forse anche il Dylan ‘martirizzato’ dai fan.
  28. I Threw It All Away Nell’album della ‘svolta campagnola’  Nashville Skyline una canzone che riprende gli stilemi del lamento country per un amore colpevolmente perduto. Se è un gioco d’artista, è fatto in modo magistrale.
  29. Lay Lady Lay Molto conosciuta per la melodia ammiccante e avvolgente, Lay Lady Lay sorprende per essere una canzone sexy senza troppi infingimenti. Anche Bob ogni tanto si allupa.
  30. If Not For You Nel primo momento confuso della sua carriera, agli albori dei ’70, ecco Dylan che si sente al sicuro con una donna al fianco. Sembrano passati secoli da It’ Ain’t Me Baby.
  31. The Man in Me Il la-la-la-la-la inziale è probabilmente un unicum nel canone dylaniano ed è forse la ragione che ha indotto i fratelli Coen a inserirlo nella colonna sonora del Grande Lebowski.
  32. Knockin’ On Heaven’s Door È così famosa che qualcuno nemmeno sa chi ne é l’autore, o magari pensa ai Guns & Roses. E qualcuno forse ha dimenticato quanto è commovente la scena di Pat Garrett & Billy the Kid in cui la si ascolta.
  33. On a Night Like This Dopo tanto tempo un Dylan energico positivo e sostenuto da una Band scoppiettante. Una rinascita, non la prima, non l’ultima. O forse Dylan non rinasce, si riconfigura.
  34. Forever Young La celebre esortazione al figlio Jacob a comportarsi nobilmente e a rimanere “per sempre giovane”. Tutti l’abbiamo augurato a qualcuno e si spera qualcuno l’abbia augurato a noi. Parliamo della versione lenta del pezzo; quella veloce non se l’è mai filata nessuno.
  35. Dirge Canzone dalla melodia oscura, misteriosa, così come oscuro è il sentimento che ispira il verso “Ho pagato il prezzo della solitudine/ Ma almeno ho chiuso con i debiti”.
  36. Hazel Siamo nel 1973 e Dylan entra per un momento in sintonia con lo stile cantautoriale in quel momento al suo apogeo. In un certo senso copia il suo copista David Blue ma è, al solito magistrale, anche con l’arte altrui.
  37. Going Going Gone Quasi un blues per una delle canzoni più belle, dolorose e indifese del canone dylaniano. “Ho chiuso il libro sulle pagine e sulle parole/ E davvero non importa/ Cosa succederà dopo/ Me me sto solo andando/ Andando/ Andato”.
  38. I Shall Be Released Questo pezzo e i due successivi appaiono per la prima volta ufficialmente in Basement Tapes (1975), doppio album contenente le mitiche registrazioni del 1967 insieme alla Band. Canzoni austere, elusive, pervase da un afflato quasi religioso. L’uomo in attesa di rilascio di questa canzone è lo stesso Dylan prigioniero della notorietà?
  39. Tears of Rage Scritta insieme a Richard Manuel della Band. Le immagini dolorose e arcane del testo, in perfetto accordo con il passo quasi funereo della musica, sono metafora dello scisma padri-figli degli Stati Uniti in quel periodo.
  40. This Wheel’s on Fire Altro co-writing insieme a Richard Manuel, maestoso nella musica e nel testo vistosamente ispirato al Vecchio Testamento.
  41. If You See Her, Say Hello Sara Lownds se ne va e Dylan non la prende bene. L’amor perduto gli ispira questa canzone commovente, tenera e sorprendentemente indifesa: “Potrebbe pensare che l’ho dimenticata/ Non dirle che non è così”.
  42. Simple Twist of Fate Blood on the Tracks è sempre stato considerato un album nato dal dolore per la fine del matrimonio con Sara. Anni dopo il diretto interessato negherà la cosa sostenendo, senza molta credibilità, che le canzoni del disco sono ispirate dai racconti di Anton Cechov. In ogni caso Simple Twist of Fate è una delle più belle canzoni mai scritte su una separazione sentimentale. Se la gioca con Late for the Sky di Jackson Browne.
  43. Idiot Wind Una melodia ‘elettrica’ e furente a dispetto della strumentazione sobria. A tanti anni di distanza resta incomprensibile il modo in cui Dylan pronuncia “idiot”.
  44. Tangled Up in Blue Incalzante senza averne l’aria, unisce il discorso sentimentale al classico gusto dylaniano per l’epopea moderna. Il testo cita un “poeta italiano del XIII secolo”: “E ognuna di quelle parole mi suonava così vera”.
  45.  You’re a Big Girl Now Dica quel che vuole il nostro Bob, ma un verso come “Ascoltami cantare tra queste lacrime” è difficile arrivi dai racconti di Cechov. Canzone dolcissima e dolente.
  46. Shelter from the Storm Solo Dylan riesce a mantenersi sottotraccia e al tempo stesso epocale. Cinque minuti con voce, chitarra, basso, armonica che nella versione con la Rolling Thunder Revue diventeranno rock possente e molto elettrico.
  47. Hurricane Il clamoroso ritorno alla canzone-cronaca per raccontare la clamorosa e reiterata ingiustizia ai danni del pugile Rubin Carter. La musica è però lontana dal folk degli inizi e il pezzo finì pure nei juke-box italiani.
  48. Isis Qui ritorna invece il Dylan evocatore torrenziale di mondi e personaggi. Anche qui si ascolti una qualche versione live con la Rolling Thunder Revue per capire come in certi momenti l’energia di quel ‘circo’ fosse portentosa e persino temibile.
  49. One More Cup of Coffee Una fascinazione messicana percorre tutto l’album Desire (copertina inclusa) e trionfa in questa truce storia di relazioni quasi primordiali su cui guizza il violino di Scarlet Rivera.
  50. Oh, Sister Canzone dal significato ampiamente – e infruttuosamente  -dibattuto. Curioso che secondo alcuni si tratti di una risposta a Diamonds & Rust di Joan Baez (che dunque sarebbe la ‘sister’). Di sicuro è assai bello il duetto vocale con Emmylou Harris.
  51. Señor (Tales of Yankee Power) Epos oscuro e angosciante (unito a una melodia splendida) per un viaggio forse più metaforico che reale in compagnia di un pericoloso maestro.
  52. Changing of the Guards Strumentazione possente, produzione quasi mainstream e voci gospel per un call-and-response che anticipa la conversione religiosa.
  53. Gotta Serve Somebody Ed eccola la clamorosa e spiazzante svolta (la quarta della carriera?) da Cristiano Rinato. Stanco di essere divinizzato, Dylan spiega che la vera divinità è altrove: “Può essere il Diavolo/ Può essere il Signore/ Ma bisogna servire qualcuno”. A differenza di certi metallari norvegesi lui ha scelto il secondo.
  54. Slow Train  Tanti anni dopo si può dire che di Slow Train Coming a colpire non sono in realtà i testi quanto il suono tonico e venato di soul e funk . E la chitarra languente-guizzante di Mark Knopfler.
  55. Man Gave Name to All the Animals Il primo (e unico?) pezzo reggae del repertorio dylaniano ha un groove sottile e trascinante. Insolito che la voce si fonda con quella delle coriste.
  56. I Believe in You Un intenso atto di fede, una commovente dichiarazione d’amore. A prescindere da tutto ciò, una gran bella canzone
  57. Lenny Bruce Anche chi odia il Dylan “beghino” non può che commuoversi ascoltando questo gospel dedicato all’intrattenitore corrosivo che finì per corrodere se stesso.
  58. Every Grain of Sand Come in My Back Pages 15 anni dopo, Dylan rivede la propria carriera e i suoi lati oscuri nell’ottica della “mano del Maestro”. Un commovente gospel con armonica.
  59. Jokerman Infidels segna il ritorno di Dylan al mondo secolare, anche se la canzone è carica di una sacralità diventata temibile anziché rassicurante. Partecipano Sly & Robbie, sezione ritmica avvolgente e groovy che il rock ha sovente preso a prestito dal reggae.
  60. Sweetheart Like You Il mondo secolare è, ovviamente, parecchio spiacevole e lo capisce a sue spese “l’angioletto come te” (nella traduzione italiano di Francesco De Gregori) circondata da maschi predatori.
  61. I & I Anche qui immagini piuttosto sinistre (“Uno dice all’altro: ‘nessuno che veda la mia faccia poi sopravvive'”)  per una canzone che l’autore ascrive al suo “periodo caraibico”. Da inserire fra i 10 migliori ritornelli dylaniani?
  62. When The Night Comes Falling From The Sky Con il procedere del tempo emerge sempre più spesso un Dylan angosciato che qui cala un amore difficile in un mondo sinistro per esperienza diretta: “Ne ho visti migliaia che avrebbero potuto sopraffare l’oscurità/ Per amore di uno spicciolo schifoso li ho visti morire” .
  63. Dark Eyes Parlando del procedere del tempo, una cosa che in Dylan resta sempre viva è l’amore per il folk come dimostra questa semplice, commovente ballata per voce, chitarra e armonica.
  64. Tight Connection to My Heart (Has Anybody Seen My Love?)  Uno dei classici anni ’80 e uno dei suoi pezzi più ‘radiofonici’ secondo la dimensione pop-gospel da Dylan prediletta all’epoca.
  65. Brownsville Girl Undici minuti di durata, diciassette versi: un classico del Dylan epico e visionario scritto in collaborazione con il commediografo Sam Shepard. Piacque molto anche a Gregory Peck, citato nel testo.
  66. Most of the Time Dopo un periodo di appannamento Dylan torna efficace grazie al suono riverberante regalatogli da Daniel Lanois e a una rabbia sociale servitagli su un piatto di piombo da Ronald Reagan.
  67. Ring Them Bells Solo voce, piano e organo per un gospel dai toni non proprio consolatori. Per molti, incluso Bruce Springsteen, è uno dei pezzi dylaniani più belli in assoluto.
  68. Man in the Long Black Coat Al pari del Señor della canzone omonima, anche l'”uomo con il lungo manto nero” rientra nel novero dei grandi personaggi misteriosi tratteggiati da Dylan, seduttore irresistibile che pare uscito da un’antica ballata folk.
  69. Love Sick Dopo un altro periodo opaco Time Out of Mind segna il ritorno di Daniel Lanois come produttore e la musica risuona di nuovo profonda, misteriosa e, in questo caso, molto dolente.
  70. Not Dark Yet Lenta, solenne, personale eppure universale, sta al medesimo livello dei classici anni ’60 e ’70. “Non fa ancora buio, ma sta arrivando”: siamo nel 1997 e Dylan prefigura il difficile nuovo secolo in arrivo.
  71. Summer Days La voce è sempre più gorgogliante, mentre la musica schizza in tutte le possibili direzioni roots americane come dimostra questo boogie.
  72. High Water (for Charley Patton) Condotta da uno strumento atipico per Dylan quale il banjo, fonde folk e blues, proprio come faceva Charley Patton, uno dei nomi tutelari della musica americana moderna.
  73. Thunder on the Mountain Il Dylan degli anni ’00 è guizzante, energico e persino ironico come dimostra questo celebre incipit “Stavo pensando ad Alicia Keys/ Non riuscivo a smettere di piangere”. Sempre più onnicomprensiva diventa l’esplorazione delle musiche americane primigenie.
  74. Ain’t Talkin’ Ogni tanto sale alla ribalta un io narrante cupo, malmostoso, aggressivo che risponde alla violenza del mondo con altrettanta violenza. “Se mai troverò i miei rivali addormentati/ Li ucciderò in un attimo”. Alcuni versi sono traduzioni da Ovidio, come a dire che non ci sono solo i vecchi bluesmen nella testa di Dylan.
  75. Beyond Here Lies Nothing Nel 2009 arriva Together Through Life, disco semplice, scorrevole, positivo con belle canzoni profumate di Messico e amori giovani. Adorabile l’accordeon di David Hidalgo.
  76. Pay in Blood Con Dylan non si può mai essere tranquilli. Non passa molto tempo ed ecco che Bob è rabbioso, nervoso, cinico: “Pago con il sangue, ma non il mio”.
  77. My Own Version of You Ancora un cambio di registro per un album pieno di parole (e di citazioni) e dai toni a volte intrisi di blues, altre di un’atmosfera crepuscolare in sintonia con il lockdown del 2020. Qui il protagonista è un Dottor Frankenstein necrofilo che vuol migliorare le sorti dell’umanità. Ecco la traduzione del testo.
  78. Key West (Philosopher Pirate) Un pezzo di straziante, commovente intensità che sembra quasi il bilancio di una vita. Key West comunica un’immagine di vacanze e palme, ma attenzione perché il nome è la traslitterazione dello spagnolo Cayo Hueso, ovvero “isolotto dell’osso”. Forse a questo pensava Dylan scegliendo il titolo…
  79. Blind Willie McTell “Nessuno sa cantare i blues come Blind Willie McTell”. Scritta nel 1983 e rimasta inedita per anni, è la più famosa fra le canzoni escluse dagli album ufficiali. Un artista già maestro rende omaggio a uno dei suoi maestri. Quelli che lui non dimentica mai.
  80. Things Have Changed Bob Dylan  è quasi certamente l’unico al mondo che abbia vinto un premio Nobel e un premio Oscar. Quest’ultimo , nel 2001, per la miglior canzone (il film s’intitolava Wonder Boys). Quanto al Nobel, beh sappiamo già tutto.

1-4 The Freewheelin’ Bob Dylan

5-6 The Times They Are A-Changin’

7-9 Another Side of Bob Dylan

10-14 Bringing It All Back Home

15-20 Hughway 61 Revisited

21-25 Blonde on Blonde

26-27 John Wesley Harding

28-29 Nashville Skyline

30-31 New Morning

32 Pat Garrett & Billy the Kid

33-37 Planet Waves

38-40 The Basement Tapes

41-46 Blood on the Tracks

47-50 Desire

51-52 Street Legal

53-56 Slow Train Comin’

57-58 Shot of Love

59-61 Infidels

62-64 Empire Burlesque

65 Knocked Out Loaded

66-68 Oh Mercy

69-70 Time Out of Mind

71-72 Love and Theft

73-74 Modern Times

75 Together Through Life

76 Tempest

77-78 Rough & Rowdy Ways

79. The Bootleg Series volumes 1-3

80.Wonder Boys OST

 

 

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Con Mauro Carosio siamo i due fondatori di Tomtomrock, e per qualche occasione speciale (come il compleanno di Bob Dylan) scriviamo anche insieme.

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