La classifica jazz
Wayne Shorter: Zero Gravity è un imperdibile documentario (tre episodi, durata complessiva oltre tre ore) dedicato al sassofonista di Newark scomparso il 3 marzo del 2023. Tra i molti protagonisti c’è Herbie Hancock, suo compagno e amico fin dai tempi del magico quintetto di Miles Davis. A un certo punto il pianista in un’intervista dice una cosa molto semplice e molto bella: “Magari non vedi il jazz in superficie. Non vedi neanche il tuo cuore in superficie, il tuo cuore è sotto la superficie. Ma batte. E il jazz è così. Spesso è sotto la superficie, sottoterra, ma comunque cresce e si espande”.
Viviamo in un periodo in cui il jazz non è più al centro del discorso culturale, non lo è la musica in generale, figuriamoci il jazz. Non è più popolare come ai suoi esordi, non è la musica delle grandi orchestre swing che ha fatto ballare milioni di persone, non è il be-bop arrivato sulla scena come una rivoluzione che influenzò anche la letteratura. E non è nemmeno il free che, dai loft di New York, diventò l’ideale colonna sonora della nuova consapevolezza afro-americana.
Ma cosa sta crescendo sotto la superficie di cui parlava Hancock allora?
C’è un jazz legato alla tradizione (che arriva ormai agli anni’70). Si insegna nelle scuole e sforna decine di musicisti tecnicamente preparatissimi, capaci di suonare in ogni contesto.
E c’è un jazz che continua a cercare nuove strade, nuovi universi e non si accontenta di sentieri già battuti. Sono musicisti che esplorano nuovi ambiti, non hanno paura di contaminarsi con il rap o con l’elettronica, né di guardare indietro con una consapevolezza che non è solo oleografica.
Sempre in Zero Gravity il bassista Marcus Miller sottolinea come Shorter avrebbe potuto suonare Nefertiti e FootPrints tutta la vita. Accontentando tutti.
Ma la musica è cambiamento, deve sfidare i processi mentali e le convinzioni radicate.
Perché la vita è cambiamento. E il jazz deve provare a far battere il suo cuore al ritmo del mondo che la circonda. Solo così emergerà alla luce e riuscirà a farsi ascoltare.
(Danilo Di Termini)
- Joshua Redman featuring Gabrielle Cavassa – Where Are We
- Kenny Barron – The Source
- Chris Potter – Keys To The Kingdom: Live At The Village Vanguard
- Joe Lovano Trio Tapestry – Our Daily Bread
- Tyshawn Sorey – Continuing
- Henri Texier – An Indian’s Life
- Lakecia Benjamin – Phoenix
- John Scofield Trio – Uncle John’s Band
- James Brandon Lewis – For Mahalia, With Love
- Elina Duni – A Time To Remember
Segnalazioni:
- Alison Miller – Rivers In Our Veins
- Steve Lehman & Orchestre National De Jazz – Ex Machina