Il paradosso di Ippocrate - Nicola Gervasini

Il paradosso di Ippocrate (WLM Edizioni) è il nuovo romanzo di Nicola Gervasini.

Così leggiamo nella presentazione del romanzo di Nicola Gervasini, Il paradosso di Ippocrate (WLM Edizioni), che conosciamo come amante e allevatore di felini, ma soprattutto come esperto di musica:

“Cosa potrebbe spingere Diana Palmieri, pediatra per vocazione e donna dalla condotta irreprensibile, a venire coinvolta in una lotta all’ultimo sangue contro i poteri che governano il mondo ospedaliero? Il caso forse, ma soprattutto la rabbia, il senso del dovere, l’etica professionale, o anche l’incontro con Andrea Barson, ambiguo manager di una azienda di medicali. Appassionato di musica grunge e con una ossessione per la cultura nipponica, Barson incarnerà tutta la profonda sete di giustizia di Diana, frustrata dall’impossibilità di svolgere il proprio lavoro al meglio a causa dell’incapacità e della corruzione del sistema decisionale della sanità. Christopher Boyle, l’AD di una multinazionale, manovra i fili dall’alto, killer professionisti inseguono, un’associazione segreta promette soluzioni a medici dediti alla causa. Affiancata da Donita, fedele amica, goffamente sopra le righe, Diana sarà messa di fronte a una ridefinizione delle coordinate etiche del suo giuramento. Il Paradosso di Ippocrate è un romanzo che si nutre delle contraddizioni tra missione del medico e mondo commerciale, universo femminile e maschile, adolescenza e maturità, amore e passione. E il lettore che si chiederà come si sarebbe comportato al posto di Diana, potrebbe scoprire di non essere più tanto sicuro delle proprie risposte”.

Il tema è intrigante, il libro si legge di filato e i riferimenti musicali non mancano. Ne parliamo con l’autore, che scrive regolarmente per Rootshighways e per TomTomRock.

L’intervista

Nicola, viviamo in un momento nel quale si pubblica molto, ma si legge poco. Cosa ti ha spinto a scrivere Il paradosso di Ippocrate?

Se devo essere sincero il chiudere un cerchio anche nella mia vita. Il libro l’ho scritto nel 2012, poi ogni 2-3 anni riprovavo a rivederlo, a rigirarlo, e nel frattempo ne ho scritto e pubblicato un altro (Musical 80). Ma dopo dieci anni era il momento di dargli un senso con una pubblicazione, anche perché fa parte di un periodo della mia vita che ho chiuso in tutti i sensi. Credo che poi valga per i libri, come per la musica, il ragionamento che se dovessimo contare il potenziale pubblico smetteremmo di scrivere e suonare, e sarebbe forse più triste che sapere di essere letto o ascoltato solo da poche persone,

So che non è il tuo primo libro, perché conosco la tua produzione saggistica, sempre musicale: è il primo romanzo che scrivi?

Rolling Vietnam, il mio primo libro del 2010, era nato come saggio musicale, ma già quello lo avevo scritto in forma di romanzo, tanto che un critico lo definì scherzosamente un “saggianzo”. Musical 80, pubblicato nel 2017, è invece un giallo a tutti gli effetti, anche se nasce dall’idea di un percorso nella musica degli anni 80. Il paradosso di Ippocrate è invece più romanzo noir e basta, dove la musica c’è (stavolta si parla di anni 90 e grunge), ma fa da sfondo e contorno alla vicenda.

Nella dedica iniziale scrivi che il libro è dedicato a “quanti combattono una lotta quotidiana prima di tutto contro sé stessi, per venire a patti con la realtà”. Più che la trama noir, che peraltro è ben riuscita (ma sulla quale non mi soffermo per non rischiare di svelare maldestramente qualcosa), il tema di fondo mi pare soprattutto questo, almeno a due livelli: quello del rapporto con la propria gioventù ormai passata, e quello con i contesti circostanti (politici, sociali, economici) verso i quali mostri un atteggiamento di disincanto. Puoi dirci qualcosa a riguardo?

Quando ho scritto il libro ero in una situazione lavorativa non facile, per dire un eufemismo, ma soprattutto ero in quella fase della vita in cui ti rendi conto che quello in cui credi non conta “là fuori”. Insomma, il tema del libro è chiedersi fino a che punto è lecito e giusto venire a patti con la realtà, e la protagonista fa un percorso dolorosissimo in questo senso, che è sicuramente l’aspetto più autobiografico in una storia in cui ho voluto non avere alter-ego riconoscibili tra i personaggi.

Personaggi immaginari o trai spunto da tue conoscenze?

Potrei dire entrambe le cose, il risultato immaginario è frutto di un mix di aspetti reali. Qui dentro ci sono persone conosciute all’Università e nel mondo del lavoro, ma sono fatte a pezzi e mischiate per non essere più pienamente riconoscibili.

Naturalmente, poiché noi siamo un magazine di musica, e poiché tu stesso te ne occupi, lo sfondo musicale de  Il paradosso di Ippocrate mi è parso importante, e comunque tu lo metti in primo piano attraverso i titoli dei capitoli e le citazioni iniziali. Avevi in mente un modello per questo? O come hai maturato l’idea?

Non esiste storia che io non immagini direttamente completa di colonna sonora. Qui volevo anche affrontare un po’ il discorso “che fine ha fatto la X Generation degli anni 90?”, e le canzoni della band di Seattle citate all’inizio dei capitoli sono perfette per descrivere una generazione senza obiettivi precisi nella vita alle prese con quel “là fuori” di cui parlavo prima.

A proposito della domanda precedente circa il rapporto con la propria gioventù, mi è piaciuta molto la scena (verso la fine) del club dove rockers fuori età si ostinano a comportarsi come ragazzini al concerto di una cover band. Immagino che questa scena sia tratta da esperienze reali. Voglio dire, i Rolling Stones riempiono gli stadi … Il rock è arrivato al capolinea?

Chi a 20 anni pogava ad un concerto dei Pearl Jam oggi continua ad andare a vedere un concerto dei Pearl Jam, anche se oggi costa dieci volte tanto. Ma intanto si sfoggia la stessa maglietta di 30 anni fa con l’unico senso di rivivere all’infinto la stessa medesima emozione. Potrei dire che forse è al capolinea la possibilità che il rock possa ancora ricreare quelle stesse emozioni nei giovani di oggi. Emozioni talmente forti da rivolerle ancora dopo 30 anni, nonostante non possano più avere lo stesso senso e la stessa intensità. Poi però vedi il pubblico di un concerto dei Maneskin e pensi che forse sarebbe meglio chiederlo a loro fra 30 anni se poi è davvero così.

Il paradosso di Ippocrate

E veniamo alle scelte musicali. Appena ho aperto il libro, ho subito notato la scelta di The Man Who Sold the World e mi sono rallegrata della citazione di Bowie. Poi tuttavia ho capito, andando subito avanti con la lettura, che in realtà il riferimento è piuttosto alla celebre cover dei Nirvana, visto che tutte le citazioni, così come molti riferimenti interni (la passione di un personaggio, il nome del locale, alcune discussioni) sono di ambito grunge (in ordine sparso: Alice In Chains, Soundgarden, Mudhoney, The Hole, Temple Of The Dog). Perché?

Innanzitutto, perché dopo un libro sulla musica della Guerra del Vietnam e uno su quella degli anni 80, toccava agli anni 90. Poi perché il tema del libro era contrapporre una persona dagli ideali forti con un mondo di persone nate in un periodo in cui l’imperativo era non averne, e la musica comunemente definita grunge, i cui eroi di fatto sono finiti in gran parte per autodistruzione, ne sono stati i perfetti rappresentanti. Insomma, il libro si chiede: “se Kurt Cobain avesse dovuto lavorare in un mondo diverso di quello musicale, come sarebbe finito?” In fondo non è detto che si sarebbe autodistrutto anche in quel caso…

Penultima curiosità: la cover band No Excuses esiste davvero? In effetti ne ho trovata una con questo nome …

Se esiste, e non mi sorprenderebbe visto che il genere continua ad essere di moda, è un caso. Il nome me lo sono inventato dieci anni fa prendendolo da un bellissimo pezzo degli Alice In Chains che più ritengo rappresentativo dello spirito nichilista, e se vogliamo anche un po’ vittimista, di quella generazione di fans e musicisti.

Infine: la passione per i fumetti giapponesi, pure citati, è tua? O fa parte di un contesto generazionale al quale vuoi riferirti?

Lo è stata nei primi anni 90 perché lo era di chiunque in quegli anni in cui esplose la moda dei Manga anche in Italia, per cui si, questo aspetto è un omaggio ai molti amici con cui ho condiviso la passione, compresa quella, citata nel libro, dei giochi di ruolo come Dungeons & Dragons o le carte Magic.

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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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