Dopo Gran Bretagna e Stati Uniti, la terza e ultima parte della nostra rivalutazione del biennio 1974-75 tocca Germania, Italia e… Svezia
Nel 1974 la Germania vince i mondiali di calcio; nel 1974 il terrorista della Rote Armee Fraktion Holger Meins muore in carcere dopo un lungo sciopero della fame; nel 1974 Werner Herzog gira L’Enigma di Kaspar Hauser e Wim Wenders Falso Movimento; nel 1974 i Kraftwerk pubblicano Autobahn.
A quasi trent’anni dalla caduta di Berlino e grazie a una ripresa economica davvero poderosa (per quanto supportata dalla sostanziale cancellazione del debito pubblico sancita nel 1953 dalla Conferenza di Londra), la Germania è già la “locomotiva d’Europa”. Qualcuno però non ama il benessere da Oktoberfest perenne del paese: i giovani contestano il fatto che il nazismo sia stato naftalinizzato più che estirpato (mentre i partiti comunisti sono fuori legge) e che i grandi gruppi editoriali come Axel Springer controllino capillarmente i media. Come si sa, la dicotomia benessere esteriore/rabbia interiore tende a produrre creatività quasi per default, creatività che in questo caso s’innesta su un epos fosco che da Odino e Thor a Trakl e Heym è precipuamente germanico. Il decennio 1968-77 è straordinariamente fertile per il cinema e la musica tedeschi ed è un periodo non a caso incorniciato da due eventi drammatici, l’attentato all’attivista di sinistra Rudi Dutschke e la morte per presunto suicidio di tre terroristi della RAF nel carcere di Stammheim. All’interno di questo periodo, l’anno 1974 rappresenta uno snodo decisivo, con una differenza sostanziale rispetto a quanto detto a proposito di Gran Bretagna e Stati Uniti. Se lì si trattava di un momento di affascinante sospensione fra hippismo moribondo e punk ancora da nascere, per la Germania è un vero e proprio culmine creativo e commerciale: il cosiddetto krautrock (il termine lo usiamo ora per dovere di cronaca e poi basta) si evolve in forme sempre più articolate e diventa persino clamorosamente vendibile. In realtà alcuni grandi nomi appaiono in fase calante: gli Amon Düül II si sono ormai fumati (letteralmente) le idee migliori, i Can perdono genio diventando più raziocinanti e i Popol Vul eccedono in misticismo world. Per contro, c’è chi scintilla e produce lavori decisivi per il rock tutto.
Il primo è, inevitabilmente, Autobahn dei Kraftwerk e in particolare la traccia omonima, 22 minuti che davvero cambiano la storia della musica con una ripetitività che si ferma un attimo prima di diventare nevrastenia, un groove sintetico eppure travolgente e un cantato subito memorabile nella sua semplicità. In versione molto tagliuzzata il brano diventerà un singolo di successo negli Stati Uniti. Cresciuti a bicicletta e Stockhausen, Florian Schneider e Ralf Hütter sembrano decidere a tavolino di uscire dall’oscurità sperimentale dei primi tre lp e mettono a frutto il loro modernismo nerd andando a influenzare cose al momento ancora senza nome come la new wave, il synth-pop e persino la house, oltre a catturare l’attenzione del Bowie pre-berlinese (nell’album Heroes figurerà l’esplicito omaggio di V-2 Schneider).
Anche altri connazionali decidono di tentare, con successo, la mediazione fra elettronica seria/seriale e atmosfere ad effetto. Sono i campioni della “musica cosmica” Tangerine Dream che, dopo i concettuali e quasi astratti Zeit e Atem, firmano per la Virgin, giovane etichetta fresca del successo sconfinato di Tubular Bells di Mike Oldfield. In un momento dunque favorevole per la musica solo strumentale, Edgar Froese, Chris Franke e Peter Baumann vanno a registrare in Inghilterra, hanno libero accesso a sintetizzatori e sequencer e producono Phaedra. Siamo davanti a un lavoro sicuramente furbo (come Autobahn, d’altronde) che punta molto all’effetto trasognato e spettrale, fonde metodicamente passaggi incalzanti ad altri meditativo-sinfonici e coglie nel segno entrando nei Top 10 britannici. A questo disco e ai due successivi, Rubycon e Ricochet, il suono trance deve parecchia della sua ragion d’essere.
Il capolavoro germanico del periodo è però un titolo molto meno famoso dei due precedenti. Nel 1975 Michael Rother e Klaus Dinger hanno già inciso a nome Neu! due album dalle ritmiche serrate e dalle sperimentazioni aspre, hanno litigato furiosamente e si sono salutati in malo modo. Il successo dei Kraftwerk (di cui hanno fatto parte anni prima) li convince a una reunion che genera Neu! 75, il più grande disco da separati in casa nella storia del rock. Ciascuna delle due facciate del vinile originario è un autoritratto artistico. Nella prima, Rother espone rassicurante serenità d’animo e una levigatezza melodica che è frutto anche delle sue quasi coeve produzioni insieme agli Harmonia (in particolare il quasi sempre sommesso e soave Musik Von Harmonia – 1974). Nella seconda, Dinger suona così destabilizzante e conflittuale da sembrare, con il senno di poi, lo zio tedesco dei punk e post-punk inglesi. A conciliare due modalità tanto diverse provvede l’incredibile, quasi innaturale, bellezza dei suoni. Se i riscontri commerciali sono minimi rispetto a quelli di Autobahn e Phaedra, l’influenza sul futuro del rock è forse più ampia e va dai Public Image ai Fall, da Brian Eno a David Bowie (sempre lui), dai Sonic Youth agli Stereolab e così via.
Al confronto di tanta teutonica possanza le storie italiane paiono modeste (come succede oggi se si paragonano le economie dei due paesi), per quanto non manchino le eccellenze. Più che altro manca un qualche filo conduttore che non siano la politicizzazione e un continuo bisogno di autocertificazione, spesso con calligrafia incerta, della propria creatività (parola di gran moda all’epoca). I grossi nomi del prog tricolore (PFM, Banco, Orme) hanno già dato il meglio e si registra l’alto tradimento di Alan Sorrenti che, dopo la sperimentale liricità di Aria e Come Un Incensiere…, passa al pop da classifica con il vendutissimo singolo Dicitencello Vuje e poi farà molto peggio. Si possono comunque estrapolare almeno tre dischi belli e importanti, la cui notorietà però non va oltre i confini nazionali.
Il primo è Clic di Franco Battiato. Il musicista catanese abbandona il pop-prog dei primi due album così come la come la cosmica serialità di Sulle Corde di Aries per avvicinarsi all’avanguardia di Karlheinz Stockhausen, ma in modo giocoso, originale, divertito e con sprazzi di grande liricità. Battiato è anche strumentista e co-produttore di uno strano e affascinante disco, La Finestra Dentro di Roberto “Juri” Camisasca, che fonde prog e canzone d’autore, entrambi in versione destrutturata, spiritualità e surrealismo.
Infine, il 1975 regala il miglior lavoro degli Area. Dopo lo sperimentalismo a tratti involuto di Caution Radiation Area, il gruppo di Demetrio Stratos trova con Crac! una comunicatività forte e fluida che quasi fa passare in secondo piano il messaggio politico. Qualche fan duro e puro parla di commercializzazione e forse il gruppo stesso si spaventa della propria “levità” per intortarsi di lì a poco in suoni d’avanguardia abbastanza autoreferenziali.
La conclusione di questo lungo articolo in tre parti può suonare insolita, anche se è del tutto doverosa. Nel 1974 gli ABBA, quattro svedesi vestiti di lamè anti-bergmaniano, vincono l’Eurovision Song Contest (per gli italiani “l’Eurofestival”) con Waterloo. Anche qui, come per le puntate precedenti, è l’inizio di un’altra storia: il tourbillon di glam, disco, minisinfonie di tre minuti, ammiccamenti sexy e, più avanti, vaga malinconia darà il via all’Europop e a una travolgente (anche per i quattro musicisti) ABBA-mania planetaria. Stavolta, dunque, il punk non c’entra nulla, ma pezzi come Knowing Me, Knowing You e Dancing Queen rappresentarono di sicuro una passione nascosta per molti punk ufficialmente duri e puri.
httpv://www.youtube.com/watch?v=3FsVeMz1F5c
ABBA – Waterloo (Eurovision)
httpv://www.youtube.com/watch?v=PJM9xpvMbJ0
Kraftwerk – Autobahn (live)
UNA DISCOGRAFIA CONSIGLIATA
Senza “movimenti” o idee forti a guidarlo, il biennio 1974-75 è ben lungi dall’essere scialbo o stagnante, anzi trasuda di una creatività caleidoscopica e piena di germogli che fioriranno di lì a poco. Lo dimostrano i venti dischi elencati di seguito, tutti citati nelle tre parti di questo articolo e tutti meritevoli di stare nella famosa “discografia rock di base”.
KEVIN AYERS/JOHN CALE/ENO/NICO: June 1st, 1974 (Island)
FRANCO BATTIATO: Clic (Bla Bla)
DAVID BOWIE: Diamond Dogs (RCA)
JACKSON BROWNE: Late For The Sky (Asylum)
JOHN CALE: Helen Of Troy (Island)
LEONARD COHEN: New Skin For The Old Ceremony (Columbia)
BETTY DAVIS: Nasty Gal (Island)
DR. FEELGOOD: Down By The Jetty (UA)
BOB DYLAN: Blood On The Tracks (Columbia)
BRIAN ENO: Another Green World (Island)
KRAFTWERK: Autobahn (Philips)
LABELLE: Nightbirds (Epic)
JONI MITCHELL: The Hissing Of Summer Lawns (Asylum)
NEU!: Neu! 75 (Astralwerks)
SHUGGIE OTIS: Inspiration Information (Epic)
PAVLOV’S DOG: Pampered Menial (Dunhill)
PATTI SMITH: Horses (Arista)
SPARKS: Kimono My House (Island)
TANGERINE DREAM: Phaedra (Virgin)
NEIL YOUNG: On The Beach (Reprise)
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La prima parte di questo articolo:
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L’articolo è apparso, in una diversa stesura, sul n. 716 della rivista Mucchio