John Mayall

John Mayall, il padre fondatore del British Blues, muore a 90 anni.

“A essere onesti, non penso che qualcuno sappia esattamente cos’è il blues, io so solo che non posso fare a meno di suonarlo.”

Questo diceva l’ottantenne John Mayall in un’intervista al Guardian nel 2014. E davvero non ha smesso per diversi anni ancora, come sa  chi lo ha visto nel corso della tournée italiana del 2019: quasi due ore in piedi e poi a firmare dischi per i fan (sempre in piedi). 

John Mayall, 1933-2024

L’unione di vita e arte in John Mayall

Ora arriva la notizia che Mayall è morto il 22 luglio nella sua casa in California e viene da chiedersi se la casa fosse vicina a quel luogo così importante per il rock che ispirò uno dei suoi dischi più noti, Blues From Laurel Canyon. Una domanda inevitabile giacchè si parla di una vita sempre strettamente legata alla musica. Mayall spiegava tutto nei titoli dei suoi dischi: oltre a quello già citato (testimonianza di incisioni losangeline) ecco Crusade (ovvero la crociata per blues), The Turning Point (ovvero la svolta acustica) e poi ancora più esplicitamente Jazz Blues Fusion, New Year New Band New Company, Ten Years Have Gone… E a volte pure i titoli delle canzoni funzionavano allo stesso modo, pensiamo solo alla dichiarazione d’intenti  I’m Gonna Fight for You J.B., dedicata al maestro J.B. Lenoir.    

Diceva tutto anche il nome della band da lui guidata e con cui divenne famoso: Bluesbreakers. Nell’Inghilterra dei primi anni ‘60 in cui ogni cosa cambiava è il già quasi trentenne John Mayall, insieme ad Alexis Korner, a far amare il blues ai giovani e a formare allievi che diverranno più famosi di lui: Eric Clapton, Peter Green, Mick Taylor (e abbiamo citato solo i chitarristi…). Lo hanno chiamato padre o padrino del british blues. Forse sarebbe meglio definirlo precettore – severo, a quanto pare – e chissà se fu mai invidioso di qualcuno di quei giovani favolosi, speciamente del “dio” Clapton quando dal pubblico gli urlavano “Give God a solo”.  

 

Ebbe un periodo di appannamento negli anni ‘80 e ‘90 causa anche velleitari tentativi di attualizzazione del suono. Poi ci furono il ritorno alle radici e, come per altri veterani,  il raggiungimento dell’autorevolezza dell’elder statesman, arrivata di pari passo con la storicizzazione e la mitizzazione del rock. Anche se lui, più che un personaggio mitico, ha continuato a essere un tipo alla mano e legato alla quotidianità del fare musica.  

Non è molto tempo che John Mayall ha smesso di suonare dal vivo e dev’essere stata per lui una bella sofferenza. Non a caso il comunicato della sua famiglia si chiude così: “Continua a suonare il blues da qualche parte parte, John. Ti amiamo”. 

P.S. Dovessimo consigliare un solo disco di John Mayall sarebbe quasi certamente The Turning Point (1969),  l’unico della fase maggiore ad avere un suono quieto e senza una  robusta chitarra elettrica in primo piano. Sapeva anche essere suadente John.

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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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