Record Store Day 2018 Tomtomrock

Il Record Store Day e il passato reinventato.

Record Store Day 2018 Tomtomrock

Ormai il Record Store Day è un evento fondamentale per l’industria discografica. Certo, le uscite sono in tiratura limitata, ma centinaia di tirature limitate vanno a formare una sola, enorme tiratura illimitata (specie dal punto di vista dei profitti). Poi i negozianti di dischi, anche se solo per un giorno,  ritrovano orgoglio e centralità commerciale rispetto ai loro vicini di saracinesca che vendono telefonie, piadine o prodotti per la toeletta dei cani. E i clienti ritornano più bambini di quanto non lo siano di solito. Un’operazione commerciale, ma con un suo fascino, come ha già spiegato a suo tempo John Vignola in un suo intervento per questo sito.

Come è cambiato nel tempo il Record Store Day

Qualche anno fa il concetto alla base del Record Store Day era quello dell’oscura cantina illuminata a nuovo e con l’odor di muffa miracolosamente scomparso. A venire ‘ritrovate’ erano cose come il singolo semi-clandestino del grande artista agli esordi, il promo live a tiratura limitata della band di culto e così via.

Il Record Store 2018 vede la definitiva affermazione di una più dispendiosa categoria vinil-merceologica: l’album caposaldo in versione sempre più espansa. Ed ecco che At Folsom Prison di Johnny Cash arriva a quattro lp e lo stesso accade a Live At Sin-è di Jeff Buckley, in origine un EP con soli quattro pezzi. Questo è il passato ingrandito.

Il Record Store Day e le varie forme di passato

Record Store Day The Byrds Milestones

C’è poi il passato compendiato a cui fa riferimento un altro gruppo di incisioni. Sono quelle che occhieggiano nella veste grafica, e a volte nel titolo,  a cose note. Esempi al riguardo sono So Alonesome di Johnny Thunders (outtakes di So Alone), Milestones dei Byrds (copertina alla Mr Tambourine Man per una selezione di brani live del periodo 1965-67) e Radio Sessions 1967 di Jeff Beck (registrazioni radiofoniche e rimando grafico a Truth). Di solito promettono molto e deludono altrettanto. Più che compendiato,  si tratta di passato depotenziato.

In realtà la categoria più nuova, interessante e ‘letteraria’ è quella del disco che non fu ma che avrebbe potuto essere. Il passato reinventato.

L’album-non-album di Beverley

Record Store Day 2018 Beverley Tomtomrock

Si intitola Where The Good Times Are, è accreditato a Beverley e sfoggia la gloriosa etichetta Deram, ovvero la dépendance psichedelica della Decca. La ristampa a cura della Fly Records si ingegna a suggerire, lungo il bordo del retro di copertina, il segno di un, peraltro inesistente, passaggio dalla parte cartonata a quella laminata (ovvero la plastica ‘lucida’), come capitava spesso a metà anni ’60. Le brevi note di presentazione sono firmate da Nigel Molesworth e hanno lo stile tipico dell’epoca, visto che sprizzano entusiasmo per questa diciottenne possibile astro nascente della scena pop britannica.

Beverley chi?

Però, a pensarci bene, nessuno aveva mai sentito parlare di un disco solista anni ’60 di Beverley, artista peraltro non troppo nota. Beverley, all’anagrafe Beverley Kutner, si esibisce nel 1967 al Monterey Pop e frequenta gente come Paul Simon e Donovan. Nel 1969 sposa il talentuoso e dissipato John Martyn con cui l’anno seguente incide due album, Stormbringer e The Road To Ruin. Dopodiché la Island convince John a fare il solista e John convince Beverley ad accudire la figliolanza. La separazione dal sempre più incontrollabile coniuge arriva nel 1980. Il ritorno alla musica coincide con il nuovo secolo, ma è in tono minore visto che produce solo due dischi un po’ scialbi a distanza di 13 anni l’uno dall’altro.

Ma torniamo a Where The Good Times Are. Intanto una rapida indagine fa scoprire che il nome Nigel Molesworth coincide con lo pseudonimo usato  negli anni ’50 dallo scrittore Geoffrey Wilans per firmare una serie di volumi a fumetti. Poi la grafica è attribuita a un’improbabile Flygnosis, che ovviamente richiama la più nota Hipgnosis. Soprattutto, il piccolissimo adesivo sulla plastica di protezione parla di “1966 & 1967 recordings. Previously unreleased tracks & rare original single tracks”.

Un gioco divertente

Insomma, il guaio, e anche il bello, dell’operazione è che l’album Where The Good Times Are non è mai esistito. Beverley pubblicò per la Deram solo un singolo a fine 1966, mentre un altro 45 giri, già approntato,  restò inedito. In quell’anno e nel successivo registrò comunque una buona quantità di materiale, accompagnata da musicisti del calibro di Jimmy Page, John Paul Jones, John Renbourn e Nicky Hopkins. Quindi avrebbe potuto incidere un album. Magari lo avrebbe anche meritato, visto che la voce è tonica, per quanto ancora da sgrezzare, e il repertorio si propone come un piacevole crogiolo di rock, folk e blues. Ci sono cover di Donovan e Randy Newman e anche i pezzi originali mostrano un certo talento. Ecco dunque che qualcuno ha giustamente deciso di dare a Beverley una chance, pur se con una cinquantina d’anni di ritardo.

Cinica operazione? No, perché il falso non è neppure troppo nascosto, come dimostrano gli indizi disseminati qua e là nella confezione. E poi l’idea dell’ucronia sonica è divertente e ricca di possibili sviluppi futuri. Where The Good Times Are è il passato più simpatico del Record Store Day 2018.

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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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