La Crus - La Crus | Recensione Tomtomrock

I La Crus e un grande momento della musica italiana.

La Crus - La Crus | Recensione Tomtomrock

I primi anni ’90 furono bellissimi per la musica italiana. Chi ebbe la fortuna di viverli ricorda l’eccitazione per le nuove uscite che si susseguivano tutte miracolosamente interessanti, tutte ricche di idee. Era come se, per un qualche incantesimo,  fosse impossibile fallire. Difficile spiegare il perché. Non vi era, a fungere da pungolo cultural-emotivo una qualche situazione importante tipo la ‘rivoluzione’ del ’68 o la rabbia del ’77.  Anzi, si poteva parlare di generale disillusione. Sì, c’era stata la cosiddetta caduta dei muri, la fine del socialismo reale che però stava producendo un capitalismo corrotto piuttosto che libertà vere. E in Italia infuriava Tangentopoli, la fine della corrotta Prima Repubblica democristiana. Da cui sarebbe nata la Seconda Repubblica berlusconiana.

L’unico vero “nuovo miracolo italiano” degli anni ’90

Si potrebbe pensare che l’unico vero “nuovo miracolo italiano” del periodo sia stato opera di giovani intenti a cantare un mondo in cui non si riconoscevano. Non andò proprio così e il tourbillon creativo ebbe ragioni soprattutto soniche. Ne furono infatti artefici artisti sui 25-30 anni (dunque  in una fase della propria vita che potremmo definire prima maturità) che guardavano sia all’estero sia al nostro paese e producevano, senza pensarci su, ottimi distillati da materie prime come la  new wave, il post punk e certa canzone d’autore italiana pre-impegno politico (1).

Difficile, e ingiusto, estrapolare un disco-simbolo di quei tempi gloriosi giacché tanti meriterebbero questo titolo. Meglio allora operare una scelta affettiva legata a un flash della memoria che ogni tanto si riaccende…

Quel video dei La Crus ancora sconosciuti

In un giorno del 1993, a un programma televisivo della mattina chiamato Tortuga, ci sono i La Crus che cantano Il vino. Il gruppo milanese è appena nato e quasi nessuno lo conosce.  Il vino è un pezzo scritto da Piero Ciampi, cantautore-poeta morto nel 1980 e in quel momento del tutto dimenticato. L’effetto è straordinario, la sensazione indimenticabile:  la testimonianza di una sconfitta inesorabile attraverso i colori del vino, una melodia dolente che viaggia fra Chet Baker e Nick Cave. (2). Eppure quanta vita, quanta passione in quei tre minuti e 30 secondi.

L’album d’esordio

Ci vogliono un paio d’anni perché Mauro Ermanno Giovanardi, Cesare Malfatti e l’elusivo Alessandro Cremonesi (3) arrivino all’album d’esordio, intitolato semplicemente La Crus. Il disco mantiene tutte le promesse della leggendaria apparizione televisiva. C’è Il vino ovviamente, ma c’è anche Angela di Luigi Tenco, altra testimonianza di un’interesse per la canzone italiana prima dei cantautori-con- la-chitarra. Ma attenzione perché le composizioni originali non sfigurano di fronte alle opere dei maestri, soprattutto Nera signora (che resterà negli anni un classico live), La giostra e Vedrai.

Si potrebbe persino parlare di concept album emozionale che proietta sul muro sbrecciato della copertina le immagini espressioniste di un mondo desolato, dolente, livido. Le luci scintillanti e false della Milano da bere anni ’80 si sono spente, resta una grande periferia con giostre, fango e buchi di pietra. Una periferia che potrebbe essere anche quella di Londra, Berlino o  Manchester.

La Crus | Tomtomrock

Attualità dei La Crus

Ancora oggi stupisce come i La Crus abbiano saputo fondere referenti fra loro remotissimi come gli Einstürzende Neubauten e i Gufi (4), i Joy Division e Jacques Brel. E ancora oggi il disco suona benissimo. Malfatti e Cremonesi intrecciano senza fatica e senza presunzione suoni acustici, elettronica e campioni (chi apprezza James Blake ne resterà stupito) e a questo mélange  Giovanardi aggiunge la sua riconoscibile voce dal timbro naturalmente esistenzialista.

L’album si chiude con lo stentato raggio di sole di Ricomincio da qui dopodiché fa incetta di premi (5) e di elogi. Gli esiti commerciali sono buoni ma non pazzeschi e così sarà per tutta la carriera dei La Crus (6), sempre interessanti eppure mai ‘massivi’. Ed è buffo che Giovanardi e Malfatti abbiano chiuso la loro esperienza insieme proprio al nazional-popolare Festival di Sanremo (edizione 2011) dove vengono presentati come “band storica della musica italiana”.  E lo sono stati davvero. Però dovremmo dirlo più forte.

 

(1) D’altro canto non si può spiegare come in una città severa e poco espansiva quale la Genova di fine anni ’50 sia nata la grande canzone italiana di De André, Paoli, Tenco, Lauzi.

(2) Una curiosità: il lungocrinito pianista è Manuel Agnelli.

(3) Alessandro Cremonesi suonava nei dischi dei La Crus e partecipava alla composizione dei brani senza mai esibirsi dal vivo.

(4) I Gufi furono, negli anni ’60, un gruppo in grado di fondere in modo geniale cabaret, canzone d’autore e dialetto milanese.

(5) I La Crus vincono il Premio Ciampi per il miglior album d’esordio e l’autore di questo articolo venne pure lui premiato per la miglior recensione di un’opera prima parlando proprio di La Crus.

(6) Il secondo album, Dentro Me, è bello quanto l’esordio e propone Come ogni volta, canzone con tutte le carte in regola per diventare ‘massiva’ e che invece non lo diventa. Però possiamo considerarla la nostra Love Will Tear Us Apart.  

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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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