Franco Battiato – La voce del padroneEMI - 1981

Ma chi era, allora, questo Battiato?

Franco Battiato – La voce del padrone
EMI – 1981

Non proprio un fulmine a ciel sereno, ma quasi. E dire che Franco Battiato aveva già alle spalle una carriera ultradecennale cosparsa di esperimenti, progressive e qualche incursione nell’avanguardia. Non solo, la svolta pop era arrivata due anni prima, grazie all’incontro con Giusto Pio e all’intercessione del manager e produttore Angelo Carrara, che lo fece passare alla Emi e di nuovo alla “forma canzone”. L’era del cinghiale bianco (1979) e Patriots (1980), che il tempo archivierà con il marchio di capolavori assoluti, al momento dell’uscita faticano pure a entrare in classifica. Ma a sventolare bandiera bianca, il nostro, non ci pensa neanche.

Passammo l’estate… ed ecco Franco Battiato – La voce del padrone 

Perché la bomba è pronta a esplodere, anche se nessuno osa immaginarlo e nessuno ci crede, protagonisti inclusi. Franco Battiato – La voce del padrone esce il giorno dell’equinozio di autunno del 1981, in sordina, senza far rumore, tanto che in pochi se ne accorgono. Le sette canzoni però sedimentano, germogliano, poi fioriscono ed entrano prepotentemente nel cuore di un paese nell’anno dei mondiali e nei decenni a venire: il 33 giri resta al primo posto delle classifiche nostrane, ininterrottamente, tra il maggio e l’ottobre del 1982, ed è il primo album a oltrepassare il milione di copie vendute in Italia. Se non è un miracolo questo

 

L’estate non è solitaria, con l’eco di un cinema all’aperto e un refrain sfiorato dal sintetizzatore che i maligni ritroveranno un po’ scopiazzato qualche anno dopo da un certo Boss del New Jersey mentre canta I’m On Fire.

Codici di geometrie esistenziali

Solo sette canzoni, che vuoi di più dalla vita quando vorresti non finissero mai. Ermetismo, riferimenti colti, strali antimoderni, suggestioni orientali con l’aggiunta, perché no, di una massiccia dose di (auto)ironia, tanto da innervosire i puristi che non riescono a decifrare i segnali di vita e le traiettorie imprevedibili che portano ovunque e al tempo stesso, ma solo in apparenza, in nessun posto. Sembra che il nostro si diverta a tessere quei prodromi che scioglierà via via nel corso della sua lunga carriera e che magari ha già disegnato in alcune divagazioni precedenti, come la metafora del volo ne Gli uccelli che riprende, sviluppandola, quella de Le aquile dell’album precedente.

 

Oppure la stessa Bandiera bianca, uno dei brani di maggior successo e primo singolo estratto, una sorta di invettiva contro il logorio della vita moderna e delle sue ormai congenite deviazioni, che ci hanno resi “pronipoti di sua maestà il denaro”: come non scorgervi richiami a Patriots e a Magic Shop (da L’era del cinghiale bianco), che, nel caso, amplificano i loro significati tra simonie ed epifanie filosofiche con rimandi a Theodor W. Adorno e ai suoi Minima Moralia che qui diventano Immoralia. Come, infine, non decifrare con una lente spessa la terribile attualità della “citazione” alla quale attinge il refrain, una poesia di Arnaldo Fusinato del 1849, L’ultima ora di Venezia: “Il morbo infuria, / Il pan ci manca, / Sul ponte sventola / Bandiera bianca!”.

Franco Battiato – La voce del padrone: Un centro di gravità permanente

Provate a far caso al dialogo tra batteria e chitarra elettrica nella parte finale di Cuccurucucù: vi scorgerete una straordinaria sensibilità per il suono e una maestria stupefacente nel cesellarlo. Niente da invidiare al wall of sound di Phil Spector, visto che, a distanza di quarant’anni, non ha perso una nota del suo incredibile fascino. Cuccurucucù è un altro dei pezzi forti dell’album e della nostra colonna sonora esistenziale, così come Centro di gravità permanente, dove l’incursione in territori mistici è appena accennata e adombrata in una serie di versi apparentemente e sapientemente nonsense ma che nonsense non sono. Sentimiento nuevo e Segnali di vita sono le due canzoni che mancano all’appello: quest’ultima, per il sottoscritto, è addirittura la più bella in assoluto, ma paga l’inevitabile dazio di trovarsi racchiusa in un capolavoro le cui luci (tante) fanno ricordare le meccaniche celesti.

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Vive a lavora a Viareggio, dove gestisce una piccola casa editrice: https://edizionilavela.it/. Ha collaborato per diversi anni con la rivista Buscadero e ha diretto la collana musicale Fanclub per Pacini editore.

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