Peggio punx 2012

Peggio punx  2012

La storia dei Peggio Punx, uno dei gruppi storici dell’hardcore italiano e una chiacchierata con il loro bassista Paolo Chilin

di Antonio Vivaldi 

I Peggio Punx avevano qualcosa in più. Non è per via del suono hardcore, certo tosto e scarnificante ma comunque classico, e non è nemmeno per via dei testi, anch’essi classicamente militanti e antagonisti. Il qualcosa in più è difficilmente definibile e sta in un approccio che trasforma la Padania in un epico campo di battaglia se non proprio reale almeno mentale. Ne vien fuori all’ascolto un effetto quasi atemporale: i “Peggio” sarebbero stati credibili quest’anno come colonna sonora per un “Occupy Piazza Affari” che mai c’è stato o, se vogliamo passare al fantarock vero e proprio, sarebbero stati tragicamente perfetti cantando “ci stanno uccidendo al suono della nostra musica” nel 1898 mentre Fiorenzo Bava Beccaris sparava cannonate sui manifestanti milanesi.

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Invece i Peggio Punx occupano uno spazio storico-sonico ben preciso che va dal 1981 al 1989. Sono gli anni di ep virulenti e rumorosi come Disastro Sonoro o La città è quieta …. Ombre parlano o del più articolato Cattivi maestri, dove praticamente nessun pezzo andava oltre i due minuti, eppure l’epos di cui si diceva prima sapeva comunque salire alla ribalta. Poi la storia ha avuto un’appendice con la denominazione ridotta a Peggio e si è quindi spenta fino al ritorno di fiamma, anzi di rabbia, datato 3 marzo del 2012 quando Alberto Pisani, Marco Laguzzi, Paolo Chilin e Federico Massarino risalgono sul palco della loro città, Alessandria, per festeggiare il trentesimo compleanno di Disastro Sonoro. A sorpresa arrivano 1500 fan e il concerto viene ripetuto altre due volte nella stessa sera. Un trionfo. A ricordare la carriera del gruppo è poi arrivato 30 anni di rumori – Limited edition boxset: un cofanetto supercompatto (distribuito dalla F.O.A.D. Records in 250 copie numerate) da cui fuoriescono un doppio cd con tutto quanto inciso dal gruppo negli anni ’80 (più materiale live), un cd e un dvd che immoratalano la reunion 2012, due cassette C-90 con i primi demo e i concerti in locali storici quali il Virus e il Leoncavallo e persino una bandana.

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Per farci raccontare il passato remoto e prossimo così come il (possibile) futuro dei Peggio Punx abbiamo fatto una chiacchierata con il loro bassista Paolo Chilin.

Quali erano i modelli dei Peggio Punx? Vi identificavate  anche voi nel motto “Crass not Clash”?
Veri e propri modelli non ce ne sono stati; abbiamo avuto interesse per alcune formazioni americane come i Dead Kennedys e i Bad Brains. I componenti dei Peggio Punx hanno sempre ascoltato musica diversa e differente senza grossi limiti di genere e questo ci ha permesso di spaziare con più facilità in fase compositiva.

Tu Paolo non nasci come punk. So che eri, e magari sei ancora, un ascoltatore di John Martyn.
Ho ascoltato ed ascolto musica di generi diversi. In quel periodo, è vero, potevo spaziare dai Killing Joke a John Martyn, dai Level 42 ai Los Lobos. L’ascolto era influenzato anche dallo strumento e dai virtuosi che lo suonavano: Mark King per il basso, Martyn per l’uso raffinato della chitarra acustica e così via.

Da ragazzi di provincia quali eravate sognavate il trasferimento nella grande città tipo Londra o Los Angeles?
No, siamo sempre stati coi piedi per terra. Alcuni di noi hanno iniziato a lavorare molto presto e gli impegni lavorativi ti facevano rimanere legato alla tua città. In quel periodo (tra gli 80 e i 90) non si pensava alla musica come ad una professione vera e propria. Ci interessava suonare, raccontare la nostra esperienza musicale e condividere con gli altri un idea, una volontà di cambiamento autogestendo tutto del nostro gruppo, dall’immagine ai testi, dai concerti alla registrazione e stampa dei dischi, dalla distribuzione alla grafica delle magliette.

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Nelle note del boxset parlate di dischi unici, indimenticabili. Oltre ai bei ricordi avete anche qualche rimpianto?
Rimpianti no. Abbiamo la consapevolezza che se fossimo nati in Inghilterra o negli States la musica avrebbe fatto parte della nostra vita professionale. Molti sono i gruppi di quell’epoca che ancora calcano le scene in Europa e non solo.

Per voi il punk era in ugual misura suono ed etica o una delle due componenti prevaleva?
Ci interessava raccontare il nostro percorso. Per farlo abbiamo utilizzato il linguaggio della musica rimanendo affascinati dall’energia che il punk in quel periodo era in grado di proporti. Un movimento che fin dalla sua nascita aveva completamente stravolto l’immagine dei suoi protagonisti, la grafica e il ‘colore’ delle sue proposte e anche il comportamento dei suoi attori principali.

Com’erano i vostri concerti? Il vostro primo cantante Mauro Carosio [uno dei redattori questo sito, nda] racconta che si prendeva parecchi sputi.
C’era sicuramente una volontà di trasgressione ed una necessità di essere protagonista anche in mezzo al pubblico. Abbiamo avuto modo di partecipare a concerti dove il pubblico con il suo comportamento e la sua partecipazione è stato il vero protagonista dell’evento.

Il cofanetto Radio Clash, così curato e costoso, sembra un po’ una svendita del concetto di punk; però è vero che anche il vostro boxset è molo curato. Qualcuno vi ha chiamato ‘traditori’? 
No, nessuno. Ricordiamoci che stiamo parlando di punk anni ‘80 in Italia che era, ed è, una proposta di ‘nicchia’. I numeri degli ascoltatori di genere, o che hanno partecipato in diverse forme dagli anni ‘80 in avanti a quella scena, non sono mai stati troppo sostanziosi. Ha lasciato un grande segno perché molti dei loro protagonisti sono stati dei precursori, prova ne è stata che diversi musicisti/appassionati si siano occupati in seguito di arte/letteratura/musica/pittura ecc.

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Il cofanetto copre il periodo 1982-1989. Pensate di riproporre anche gli anni ’90 dei Peggio?
No, quell’esperienza si è conclusa in quel periodo.

Ribellione e repressione erano i temi forti dei vostri testi. Oggi non sembra esserci più ribellione, quanto alla repressione possiamo dire che  è più pervasiva ed efficace oggi che ai tempi della DC o è solo nostalgia di Forlani e De Mita?
Sentivi la necessità di scrollarti di dosso una serie di convenzioni che non facevano parte della tua esistenza. Abbiamo provato a raccontare questo disagio e molti si sono ritrovati nelle parole dei testi scritti da Alberto e nella nostra musica. E in quel periodo, per condividere questa tua passione, questa tua differenza dagli altri, dovevi cercare i tuoi ‘simili’, fare gruppo, scambiare opinioni, pensieri. Insomma, avevi la necessità di farti conoscere, di farti riconoscere a vista nella tua ‘differenza’. Forse per quello il look ha avuto la sua importanza. Dovevi raggiungere i luoghi e le persone per potere scambiare materiali, dischi, fanzine. Non esisteva nessun altro modo se non quello del contatto. Oggi il rischio della rete è questo: puoi condividere sì, ma è forse troppo facile, e in questo mare ti ci puoi anche perdere non riconoscendo più l’autenticità delle proposte e delle persone.

Il vostro concerto del trentennale è stato un trionfo. Leggo della partecipazione di 1500 persone, di un’esibizione replicata due volte. Anche negli anni ’80 attiravate così tanta gente? Che pubblico c’era nel 2012 ad ascoltarvi? E infine: possibilità di un ritorno stabile dei Peggio Punx?
Il concerto del trentennale dell’uscita di Disastro Sonoro è stato un evento indimenticabile. Mai avremmo pensato di scatenare ancora quell’entusiasmo. Il pubblico è arrivato da ogni parte di Italia (isole comprese). Era d’obbligo risuonare dopo la prima esibizione per consentire a tutti di partecipare alla nostra festa. Negli anni ‘80/’90 questi numeri erano difficili da raggiungere; poteva accadere giusto nelle grandi città quando suonavi con qualche gruppo americano e inglese.
Il pubblico era davvero variegato. Il bello è stato coinvolgere tutti, dai nostri coetanei cinquantenni ai giovanissimi punk o cultori del genere, in un unico, grande, poderoso POGO.
Quanto a un ritorno in pianta stabile, direi di no. Se ci sarà l’occasione di qualche altro “anniversario” significativo, chissà?

Anno 2014: la rabbia c’è ancora?
È rimasta, una lucida e agghiacciante consapevolezza. Se molti dei testi dei Peggio Punx sono ritenuti attuali dai giovanissimi ascoltatori, vuol dire che nella sostanza poco o nulla è cambiato.

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Peggio Punx – Verrà

 

 

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