‘Piccole’ ristampe contro la crisi
Nei nostri “Top Tom 2016” il capitolo dedicato a ristampe e affini propone volutamente solo supporti discografici dai prezzi accettabili. Altrettanto volutamente non menziona neppure uno di quei sibaritici cofanetti che John Vignola, in una puntata nella sua rubrica per questo sito, ha definito “canone di sopravvivenza di un’industria discografica che altrimenti sarebbe scomparsa da un pezzo”.
Ristampe come buoni semi sonori
Ora abbiamo scelto di riprendere e commentare quella nostra classifica di ristampe normali (con al massimo qualche tocco deluxe) per sottolineare un paio di cose. Questi album e questi materiali sono tutti opera di musicisti-cercatori innamorati degli angoli meno ovvi della musica. Dunque rappresentano una fonte d’ispirazione – ardua ma stimolante – per gli artisti ‘curiosi’ di oggi e di domani. E per gli ascoltatori una possibilità di recuperare musica di valore senza svenarsi.
1. Big Star – Complete Third
L’unico cofanetto (3 cd a prezzo abbastanza contenuto) che citiamo ripropone il miglior album mai ultimato nella storia del rock. Registrato nel 1974 nel totale disinteresse di qualsivoglia etichetta discografica, venne pubblicato più volte a partire dal 1978 con copertine e titoli diversi (3rd o Sister Lovers). E senza mai una tracklist uguale all’altra. Forse l’unica edizione che possa dirsi definitiva è proprio questa che assembla tutto il materiale registrato durante le sessions. Un demotivato Alex Chilton canalizza la sua frustrazione per un successo desiderato, meritato e mai raggiunto in una sequenza di magnifiche canzoni tanto introflesse quanto cosmiche. Anche come attitudine, l’alt-rock nasce qui.
2. Various Artists – Heartworn Highways
La colonna sonora dell’omonimo film di Jim Szalapski è un tributo a quell’outlaw country che faceva da controcanto viscerale alla glassa musicale sfornata da Nashville. Commoventi le performance di Townes Van Zandt e Guy Clark. E c’è anche un giovane (e magro) Steve Earle. Molto talento e molto alcool. La nostra recensione
3. The Associates – Sulk
Se nell’opinione generale gli anni ’80 sono quelli della musica tutta tastiere e luci al neon, gli Associates ne rappresentano gli interpreti perfetti. E Sulk (1982) è il loro capolavoro. Ma i neon di Billy MacKenzie e Alan Rankine creano soprattutto ombre e dietro al glamour c’è l’angoscia. Ristampato anche il primo album del duo, The Affectionate Punch.
4. James Luther Dickinson – Dixie Fried
‘Jim’ Dickinson fu soprattutto produttore di tanti geni disgraziati fra cui Willy De Ville, i Green On Red e i Big Star di cui sopra. Dixie Fried, uscito nel 1972, è il suo esordio solista, vitale e coinvolgente fusione fra boogie, soul e country con un’atmosfera generale da fiera di paese. Avrebbe dovuto entusiasmare i fan del rock sudista, invece non lo ascoltò quasi nessuno.
5. Tim Buckley – Lady, Give Me Your Key: The Unissued 1967 Solo Acoustic Sessions
Questi materiali quasi tutti inediti risalenti al 1967 e recuperati di recente testimoniano il percorso di Tim Buckley (e del suo paroliere Larry Beckett) verso il policromo e visionario suono del capolavoro Goodbye & Hello. Altrettanto interessante l’incompiuto tentativo di singolo pop (!) rappresentato dalla title-track.
6. Bert Jansch – Avocet
Prima di una lunga eclissi alcolica uno dei maestri del folk inglese pubblica nel 1980, con l’aiuto decisivo di Martin Jenkins, un elegante album tutto strumentale dedicato agli uccelli di palude. Un capolavoro di musica ambient che non sa (o non si cura) di esserlo.
7. Midlake – The Trials Of Van Occupanther
Tra psichedelia in soave modalità Laurel Canyon, arcani richiami folk e voci suadenti nel 2006 viene sagomato uno dei dischi più fascinosi dello scorso decennio. Inavvicinabile per molti giovani virgulti della scena roots e, purtroppo, irripetibile per i suoi stessi autori. Ristampa solo in vinile con qualche aggiunta ‘decorativa’ che lo colloca al limite del territorio austero che abbiamo scelto.
8. Terry Allen – Juarez
Juarez nasce nel 1975 come sequenza di canzoni per accompagnare un’installazione dello stesso Allen. Nonostante ciò il risultato è un album a tema perfettamente compiuto: scabro, fosco e visionario. Country spettrale, lo si potrebbe definire. Ristampato anche il successivo – e più ricco strumentalmente – Lubbock (On Everything).
9. Jack White – Acoustic Recordings 1998-2016
Una carrellata in chiave acustica lungo la carriera dell’ex White Stripes, ma anche una testimonianza della passione di molti musicisti di questo inizio secolo per la musica delle radici. La nostra recensione
10.Lee Hazlewood – Cowboy In Sweden
Il pop-country di Hazlewood era barocco, ambizioso e cialtrone. Per apprezzarlo (o detestarlo) ci si può accostare a questo disco inciso nel 1970 durante un esilio fra il sexy e l’impegnato in Svezia. Oppure a un altro suo sghembo classico ristampato quest’anno, The Very Special World Of Lee Hazlewood.
ALTRI CINQUE TITOLI DA NON TRASCURARE
La palma di migliore ristampa live del 2016 va senza dubbio a Fragments Of a Rainy Season di John Cale (1992). Qui l’ex Velvet Underground ripercorre in solitudine il proprio repertorio fondendo paranoia e struggimento con stile impeccabile.
Altro nome storico in versione dal vivo è Neil Young di cui ricompare (solo in vinile) Time Fades Away (1973). Il canadese fa a pugni simbolicamente con il successo di Harvest e con il pubblico che vuole sentire le canzoni famose di quel disco proponendo una serie di titoli inediti fra il plumbeo e lo straziato.
Passando a cose più allegre, Out Of Time vede nel 1991 i R.E.M. infilare la porta del successo mainstream. Non è fra le loro cose migliori, ma il livello si mantiene comunque alto. E la ristampa suona in modo strepitoso.
Non molti sanno che la mente degli Who Pete Townshend incise nel 1977 Rough Mix insieme all’ex Small Faces e Faces Ronnie Lane. E’ un album sottotraccia dai toni caldi e dall’atmosfera casereccia nonostante la presenza di ricche star come Eric Clapton e Charlie Watts.
Infine ristampa del ventennale per Black Love (1996) degli Afghan Whigs che mantiene quel che promette il titolo e sfiora il capolavoro a dispetto di alcuni pareri dubbiosi. La nostra recensione