di Giacomo Este
Il premio intitolato a Piero Ciampi continua il suo percorso giustamente… ciampiano. Propone cioè musicisti che sono ‘alternativi’ non per scelta snob o per scarso talento ben mascherato, ma, diciamo così, per nascita e/o inclinazione. In tal senso la XIX edizione è stata una delle più ciampiane in assoluto. Niente nomi supernoti e, forse per questo, un sentimento collettivo di amore per il cantautore livornese meglio percepibile rispetto al passato. Piero Ciampi (1934-1980) fu uno dei grandi outsider della musica italiana, bohémien sulla propria pelle e talora sui conti correnti altrui, bravissimo nell’autodistruggersi artisticamente e fisicamente e che solo ora comincia a diventare almeno un nome di culto. Corre quest’anno il cinquantennale del suo primo album, Piero Litaliano, inciso con quell’improbabile nome d’arte che aveva una sua ragion d’essere (a Parigi era chiamato “Piero l’italianò”) e nel contempo già dimostrava la predisposizione alle scelte sbagliate. I brani del disco (quasi tutti musicati da Gianfranco Reverberi) sono stati interpretati dal vivo durante la serata finale del premio da musicisti diversi fra loro per stile e approccio e registrati per un album tributo ‘50 anni dopo’ destinato a uscire a breve. L’idea è bella e il risultato all’altezza, in particolare nel caso di Lungo treno del sud, cantata con debordante passione da Bobo Rondelli. Un segno notevole lo ha lasciato il vincitore del “premio nazionale” intitolato a Ciampi, il napoletano Antonio Maldestro, arrivato molto di recente alla canzone dal teatro e da storie di vita a quanto pare difficili. Inevitabile che quelle che lui canta siano, appunto, storie di vita difficile. Scrive bene, sul palco è coinvolgente e si percepisce come abbia margini di miglioramento considerevoli.
Antonio Maldestro
Da un po’ più tempo sulla scena è Luigi Mariano (premio speciale della giuria), bravissimo nel riscoprire e riproporre un brano di metà anni ’60 firmato da Ciampi con Gianfranco Reverberi e da lui mai inciso su album. A dimostrazione che gli artisti sono sovente pessimi giudici di se stessi (il caso più noto è Dylan), Più di così no è una delle canzoni più straordinarie di Ciampi, suadente e stronza allo stesso tempo e con una melodia memorabile (un po’ di anni fa la maltrattò Teresa de Sio). Ha il suo fascino anche il Ciampi solo strumentale (Quando il giorno tornerà), suonato al piano dalla vincitrice per la miglior cover, Giulia Mazzoni, che sembra a volte sul punto di ammalarsi di un morbo oggi molto trendy quale l’Allevismo, ma che sa risanarsi grazie a una liricità delicatamente trattenuta. Fra i personaggi più conosciuti Paolo Jannacci (accompagnato dal notevole chitarrista Luca Meneghello) è un po’ prolisso nelle parti pianistiche e poi commovente quando ricorda il padre da poco scomparso in Vincenzina e la fabbrica, mentre Ginevra di Marco si dimostra al solito brava per quanto un po’ risaputa, salvo trovare il guizzo intenso con una versione di Del mondo dei CSI. L’esibizione più notevole della serata è quella del trio Carlone/ Li Calzi/ Righeira che riprende celebri brani italiani fra il colto e il trash; l’idea sarebbe ad alto rischio di goliardia fine a se stessa, non fosse per l’inventiva degli arrangiamenti e il gran talento strumentale di Giorgio Li Calzi, da diversi anni uno dei migliori musicisti italiani tout court.
Quasi a fine serata Bobo Rondelli canta Femme Fatale dei Velvet dicendo qualcosa come “lo canto perché mi garba cantare un pezzo di Lou Reed”. Il giorno dopo avremmo scoperto che si trattava di un inconsapevole saluto a un grande che stava per andarsene. Ciampiano anche questo.
Seguiteci su Facebook:
https://www.facebook.com/groups/282815295177433/
e su Twitter:
httpv://www.youtube.com/watch?v=Q2sUA3Iwq5U
Giulia Mazzoni – Fino all’ultimo minuto (Piero Ciampi)