Eve Libertine: dai Crass a Jack Kerouac.

Qualcuno un giorno mi spiegherà perché anche i figli più ribelli, con il passare del tempo, tornano sempre dai padri, e non scomodiamo i prodighi o gli esodati… I Crass furono una delle esperienze totalizzanti, in termini di coerenza tra vita ed arte, che nacque dal germe del punk e trovò nell’anarchia, nella sua più sincera etimologia, ragione di essere e di fare. Nel combo, oltre a Steve Ignorant, che già dal nom de plume omaggiava la meraviglia del non sapere volontario, il batterista Penny Rimbaud, altro riferimento alla poesia non convenzionale, c’era anche Eve Libertine, ulteriore manifesto programmatico nominale, artista che ha dimostrato di essere poliedrica e politicamente importante per tutta la sua carriera.
Eve Libertine e Jack Kerouac si incontrano in Sea
La storia di questo particolarissimo lavoro, Sea, scaturisce dal ritrovamento di un nastro registrato durante una performance di Eve al Vortex di Londra nel 2003. Ed è nostra fortuna che ora lo si possa apprezzare in tutta la sua potenza evocativa.
Faccio un passo indietro. Sea è una poesia, sottotitolata “Il suono dell’ oceano a Big Sur”, scritta nel 1960 da Jack Kerouac, uno dei padri (appunto…) della beat generation e sul movimento, per alcuni, mai dimenticato, ci sarebbe sempre qualcosa di nuovo da scrivere. Mi limiterò a suggerire che i beatnik furono, in qualche modo, i prodromi del punk. Considerati ai tempi reietti, tossici ed emarginati lasciarono un profondo segno controculturale che, consapevolvemente o meno, fu raccolto da frange punk come, guarda caso, i Crass, per non citare poi tutto il movimento Industrial, prolungamento ideale della scrittura esplosiva di William S. Burroughs.
Una intensa Eve Libertine
La performance di Eve Libertine è impressionante anche solo a livello sonoro. Su un accompagnamento scarnificato da orpelli (percussioni, un piano, basso, un violoncello e alcuni droni elettronici) si percepisce che l’artista rende vocalmente quanto di più vicino al senso del beat così come nacque. Parole scritte per replicare il be bop di Coltrane & co., attente alla cadenza e all’inflessione, una metrica scomposta che attinge più al ritmo che alla struttura grammaticale.
Il percorso dell’ascolto si fa attivo, si riesce quasi ad immaginare la performance, espressioni facciali comprese. La babilonia delle parole che spaziano da inglese a francese, caratteristica propria del cajun Kerouac, sfonda la terza parte aurale. È necessario un ascolto concentrato, meglio se si conosce il testo.
Sea: un esperimento riuscito
Trattasi quindi di importante testimonianza coerente di come arte e (contro?) cultura si inseguano nel corso del tempo e si autorigenerino nell’intransigente anomalia che diventa tradizione ed omaggio… E non ci si stupisca se da qualche parte le ombre di Lotta Leyna e Bertolt Brecht sorridono sapendo che, in qualche modo, lo zampino nel beat lo misero anche loro ante litteram…
Consigliatissimo a chi, oltre a sentire, ascolta.