Carmen Consoli live al Teatro Verdi di Firenze

Il Volevo Fare La Rockstar Tour di Carmen Consoli arriva a Firenze.

A memoria imperitura di quei buontemponi dei Men At Work, che con Carmen Consoli ci incastrano quanto Heidegger con Celentano – ma che mi mettono di buon umore al solo ricordarli e mi mancano parecchio – va ascritto, fra i non pochi colpi di genio, l’insuperato slogan scelto per un loro tour che suonava, più o meno, così: se siete convinti che suoniamo male in studio, venite a sentirci suonare dal vivo! Ecco, ribaltando l’assunto, se credete che Carmen Consoli suoni bene (e in Volevo Fare La Rockstar suona molto bene) in studio, andate ad ascoltarla dal vivo.

Un concerto in tre atti

Chi scrive l’ha fatto ed in un fiorentino Teatro Verdi gremito, munito di amico musicofilo, si è goduto lo scorso 8 novembre il concerto di Carla Carmen. Tre tempi, anzi tre atti. Il primo dedicato ad una splendida riproposizione confidenziale dell’ultimo lavoro. Il secondo incentrato sull’anima rock della ragazzina “mediamente isterica” che fu e (se ne facciano un’idea i devoti al passato per inclinazione o professione) non è più; il terzo, impregnato di folk e di consonanze ed intrecci con altri autori (Battiato in primis) e con i suoni ed i dialetti della terra siciliana. Un solo bis, Amore Di Plastica, perché da lì molto se non tutto ebbe inizio e ricordarlo prima del sipario è onesto e le fa onore. Oltre due ore e mezzo di concerto, a sonora e vibrante conferma della tesi di Elvis Costello, che ebbe a dire che tira fuori più idee musicali Carmen Consoli in un concerto di quanto non siano in grado di fare molte band anglosassoni nei loro dischi. Chi scrive, va da sé, sottoscrive col sangue (ma invita a non crederlo sulla parola e a verificare di persona).

I musicisti

La splendida chitarra (ma chitarra è dire poco) di Massimo Roccaforte sorregge e cesella il primo atto, così come Marina Rei, batterista dal braccio di ruvida pesantezza, ma nondimeno tecnicamente valida e duttile nonché percussionista, assai fine ed abile, dà un contributo sostanziale di robustezza nel secondo. Perdonabile la debolezza di voler cantare ella stessa una sua canzone, prevedibilmente dimenticabile, e che un po’ spezza il ritmo della litania consoliana.

Le immagini che accompagnano il tour di Carmen Consoli

A voler esser precisi, va pur detto che lo storytelling visivo che scorre alle spalle di Carmen non sempre è all’altezza della qualità musicale ed esecutiva. Belle le immagini prese di peso dall’infanzia della cantante catanese, accettabili gli spezzoni che ad essa si ispirano, di rara bruttezza quel che resta. Il punto più inquietante della narrazione visiva si raggiunge con il già poco bene augurante L’Uomo Nero, forse il momento di minor spessore dell’album, incorniciato da immagini che rimandano un po’ al pagliaccio di It di King e un po’ al Joker di Batman, con un risultato involontariamente terribile: ma si tratta di un peccato lieve, tale da non meritare neppure la confessione, come pure la mise da Fata Turchina sfoggiata da Carmen.

 

Come si scriveva proprio qui alcune settimane fa, Carla Carmen non meno di un’infinità di suoi coetanei voleva fare la rockstar. A differenza di quasi tutti, e a dispetto di molti, ci è riuscita. L’album Volevo Fare la Rockstar è una stella che brilla alta nel diagramma della musica italiana degli ultimi anni e lascia sperare in un futuro in cui si possano salire ancora alcuni gradini. Il concerto che lo porta a giro per l’Italia, è una conferma di solidità e professionalità, attesa ma non scontata.

Un tour che vale la pensa seguire, così come l’itinerario musicale di Carmen Consoli

Il tour, che si snoda fra teatri ed auditorium, si concluderà ben dentro l’anno 2022. Chi, come il sottoscritto, ha avuto modo di goderne, munito di amico audiofilo e fotografante, ne è uscito soddisfatto e rinfrancato sulla qualità sostanziale, oltre che sull’affinamento formale, dell’itinerario musicale di Carmen Consoli. Chi ancora non l’ha fatto, lo faccia – perdio! – e mi rammenterà. Quei malandri che non vorranno farlo, perché mai l’hanno amata o hanno smesso di amarla al suo mutar di pelle, saranno perdonati, ma soltanto perché siamo sotto Natale.

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Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1984. Clash, Sex Pistols, Who e Bowie fin da subito i grandi amori. Primo concerto visto: Eric Clapton, 5 novembre 1985, ed a seguire migliaia di ascolti: punk, post punk, glam, country rock, i pertugi più oscuri della psichedelia, i freddi meandri del krautrock e del gotico, la suggestione continua dell’american music. Spiccata e coltivata la propensione per l’estremo e finanche per l’informe, selettive e meditate le concessioni al progressive. L’altra metà del cuore è per i manoscritti, la musica antica e l’opera lirica. Tutt’altro che un critico musicale, arriva alla scrittura rock dalla saggistica filologica. Traduce Rimbaud.

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