Carmen Consoli – Volevo Fare la Rockstar

Si intitola Volevo Fare la Rockstar il nuovo album di Carmen Consoli.

Come un’infinità di suoi coetanei Carla Carmen voleva fare la rockstar; a differenza di quasi tutti, e a dispetto di molti, Carmen Consoli ci è riuscita. È amata oltre confine, e senza timori, da David Byrne ed Elvis Costello,  ma in patria la segue l’agro destino del profeta musicale claudicante e sempre sospettato, non di rado oggetto di colpetti di gomito e risolini. Le si è sempre perdonato poco o nulla, in pubblico e in privato, accusandola di aver molto peccato, in parole, opere e canzoni e di non esser stata mai quel che doveva.

Una carriera insolita

Rimproverata, di volta in volta, per non essere altro che una ragazzina solitaria e nervosa di provincia e per non accontentarsi più di essere la ragazzina scostante e scorbutica che si era deciso dovesse essere; catalogata come una cantante da cameretta, per poi accorgersi allarmati che voleva e sapeva scrivere da adulta; accusata di essere cresciuta troppo in fretta (di certo assai meglio dei suoi critici più sguaiati); additata per quel suo ostinato schivare gli spassi televisivi, e finanche per aver voluto un figlio tutto per sé, Carmen Consoli ha costruito, passo dopo passo, un suo cammino umile, silenzioso e quasi penitenziale, scaraventando pezzi di privato in cartoline seppia in cui nessuno sorride e raccontando di una Sicilia in cui il sole batte soltanto nella memoria d’infanzia di una vita, di un mondo familiare e di una terra spezzati.

Un disco di alto livello

Voleva fare la rockstar, Carmen Consoli, e ci è riuscita, e Volevo Fare la Rockstar (Narciso Records) è una stella che brilla in alto, molto in alto, nel diagramma della musica italiana degli ultimi quindici anni almeno e, quel che è più e meglio, è un valico ventoso e di passaggio da cui si godono frammenti promettenti di futuro. E sì che, per tacere del resto e degli esordi, di bella musica e belle parole Carmen Consoli ne ha scritte, fra Elettra, lussureggiante ma, per chi scrive, non del tutto chiuso e concluso approdo alla maturità autoriale (Targa Tenco 2008) e il bellissimo e assai sottostimato L’abitudine di tornare (2015), la cui scrittura testuale e musicale, a cavallo fra Battiato e Conte, incrostata di R.E.M. e Costello, e che già tesseva la tela di questo suo ultimo lavoro, meriterebbe che ci si facesse orgoglioso vanto di questa schiva catanese, un giorno sì e l’altro anche.

Chi scrive la ama da sempre, ma l’ha sempre difesa con tiepido coraggio, servendo così troppo a lungo, ahinoi, il dèmone troppo comune e la tentazione troppo facile di un culto pigro e silenzioso. Si confessa di aver peccato e si vuole rimediare, e queste righe, per il poco o nulla che sono, valgano almeno come atto di riparazione e come dichiarazione di amore per la musica e la scrittura uscite dalla testa, dalle mani e dalle viscere di una donna dotata, testarda e coraggiosa.

Le dieci canzoni di Volevo Fare la Rockstar

Volevo Fare la Rockstar si sintonizza fin da subito, e fino alla fine, sulle frequenze più pure di Carmen Consoli, che per chi scrive stanno alla quota di quell’ibrido assai personale che costituisce l’anima della sua proposta musicale, a cavallo fra lo sviluppo di una linea melodica ed autoriale nel pieno solco della migliore canzone popolare italiana (quella che da sempre racconta, quasi non volendo, questo amaro e un po’ sgraziato Paese) e la contaminazione con un filo musicale sempre teso fra Europa e America.

Le dieci canzoni che compongono l’affresco dell’ultimo lavoro di Carmen Consoli sono schegge incandescenti, di ondate di memoria che fanno risacca e di passato che non passa, di una storia intima e familiare che si intreccia al destino di una Sicilia amata ed oltraggiata, di un giardino d’infanzia spezzato dalla maturità, i cui brividi ardono sotto la cenere e nutrono il presente.

È qui che le pagine del suo soliloquio interiore si fanno più vibranti, fra le polaroid sfocate di Una Domenica Al Mare, L’Aquilone, Le Cose di Sempre e Qualcosa Di Me Che Non Ti Aspetti e l’ammaliante, dolce ed agro racconto, familiare e civile, uscito dalla penna di una bambina storta e comune, e raccolto nelle parole di Volevo Fare La Rockstar. Gli arrangiamenti non sono mai stati così misurati e perfetti, avvolgenti e calibrati, e se le chitarre di Sta Succedendo brillano del ricordo dei ragazzi di Athens, Mago Magone  è una splendida, sontuosa, scura filastrocca post punk che lascia ammirati.

Carmen Consoli – Volevo Fare la Rockstar: un disco importante

Nella Sicilia di Carmen Consoli, nella campagna della sua Catania remota e impastata di passato, nelle cartoline austere ed antiche inviate a destinatari sconosciuti, nei suoi scatti di macchina in riva al mare non c’è posto per la retorica, ma solo per l’analisi impietosa di sé e del proprio tempo e per la scrittura come unica forma di presenza nel mondo e di salvezza dalla dispersione. Che non piaccia, lo si accetta di buon grado, va da sé. Che ancora si pensi di relegarla a servire ai tavoli del salotto buono della musica italiana, no.

Carmen Consoli – Volevo Fare la Rockstar
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Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1984. Clash, Sex Pistols, Who e Bowie fin da subito i grandi amori. Primo concerto visto: Eric Clapton, 5 novembre 1985, ed a seguire migliaia di ascolti: punk, post punk, glam, country rock, i pertugi più oscuri della psichedelia, i freddi meandri del krautrock e del gotico, la suggestione continua dell’american music. Spiccata e coltivata la propensione per l’estremo e finanche per l’informe, selettive e meditate le concessioni al progressive. L’altra metà del cuore è per i manoscritti, la musica antica e l’opera lirica. Tutt’altro che un critico musicale, arriva alla scrittura rock dalla saggistica filologica. Traduce Rimbaud.

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