Iosonouncane dal vivo a Genova, 15 luglio 2021.
Nonostante la sua divisività – o forse proprio per quella – IRA di Iosonouncane è destinato a essere il disco italiano del 2021. Estremo, possente, fosco e inedito nel suo frantumare lingue diverse. Dunque c’era parecchia attesa per la trasformazione live di quei suoni.
Tre console di pura elettronica e, all’apparenza, nessuno strumento ‘vero’. Al minuto 46 dell’esibizione Jacopo Incani pronuncia la prima e unica parola di tutta la serata: “Buonasera”. Non ci vuole molto per capire che dall’album viene estrapolata soprattutto la dimensione impattante. Più che un wall of sound è un terremoto di basse frequenze e sciami elettronici incalzanti. Naturale trovarci, a tratti, influenze disparate: il primo Battiato, la verve declamatoria dei Depeche Mode, la percussività industriale degli Einstürzende Neubauten, un approccio storto alla canzone che sa di Thom Yorke accostato a David Sylvian, specie nel brano d’apertura, Hiver.
Iosonouncane su disco e in concerto
La musica di Iosonouncane viaggia su binari distinti (d’istinti?). Il binario discografico consente una fruizione ‘mentale’ mentre dal vivo tutti i sensi sono coinvolti e investiti dal vigore della performance. I tre musicisti – silhouette scure illuminate quasi sempre di spalle – si agitano ritmicamente, chini su strumenti misteriosi, come piloti di un’astronave in balia di una complicata avaria. I pezzi si susseguono serratissimi senza lasciare posto agli applausi, costretti a infilarsi a forza nei rari attimi di silenzio. Durante l’esecuzione di Jabal un’enorme nave da crociera tutta luci passa a una cinquantina di metri dal palco e sembra di avere davanti un video pensato da un regista fritzlanghiano. E chissà cosa pensano i croceristi a bordo della Mein Schiff 4 di quel frastuono che arriva senza fatica fino a loro.
Uno spettatore parla di “estasi spinoziana” [forse allude alla geometricità delle strutture sonore, nda], un’altra di ascesa edenica senza bisogna di aiuti chimici. E chi addirittura evoca discese nell’Ade. Ma qui siamo fra i pochi over 50, mentre in realtà la platea è affollata soprattutto da quasi trentenni, molti dei quali parecchio esperti della musica di Iosonouncane. Qualcuno, incredibilmente, riconosce i brani e li accompagna sillabando tra il frastuono. Un’ovazione accoglie i due momenti tratti dall’album precedente, Die, e ci si chiede se, nella materia compatta di Ira, si riuscirà a poco a poco a estrapolare qualche classico – fra tutti si candida Nuit, solida ma anche evocativa.
La fine del concerto
A fine concerto i tre se ne vanno agitando brevemente il braccio come unico cenno di saluto (nemmeno Van Morrison saprebbe fare di meglio). Non ci sono bis, che neppure vengono richiesti con molta insistenza, anche perché è giusto che una simile performance ‘esperienziale’ (sono sempre gli over 50 a parlare) si chiuda senza concessioni all’ovvio del rituale concertistico.
Un’ultima considerazione: l’Arena del Mare era molto affollata, diciamo 700-800 persone. Anche la musica ‘difficile’ – se sa coinvolgere – può uscire dall’ambito alternativo.