Il debutto omonimo dei Factory Floor nel 2013 colpiva duro: il terzetto londinese aveva messo insieme un disco nel quale portava alle estreme conseguenze il concetto di post-punk.Partendo dai Joy Division, passando per la svolta dance dei New Order e arrivando a un suono freddo e marziale, eppure a suo modo coinvolgente.
Dal post punk dell’esordio al minimalismo robotico
Poi Dominic Butler ha lasciato la band, ora ridotta al duo Gabriel Gurnsey e Nik Colk Void, chissà se per divergenze su come andare avanti: perché in effetti questo nuovo disco, 25 25, prende almeno in parte una direzione differente.
Suono ancora più minimalista che in passato, sottolineatura dell’aspetto club-oriented, ma non certo in senso pop: più che di una svolta, si tratta di un’accentuazione di uno dei caratteri di fondo già presenti nel disco precedente.
25 25 è un disco dai suoni robotici
Fra le otto lunghe tracce (tutte tra i cinque e i quasi nove minuti) soltanto Ya rinvia a una dimensione industrial dance che può suonare familiare a quanti hanno amato l’acid house anni ’80. Per il resto, a partire dalla title track, siamo di fronte a suoni robotici e ultraripetitivi, che poco o per nulla si prestano a una fruizione tradizionale.
Questa è musica da suonare in un club dalle tre del mattino in poi, da ballare più che da ascoltare. E’ questa la direzione che Gurnsey e Colk hanno voluto dare ai Factory Floor, per cui 25 25 a suo modo è un disco riuscito, sebbene molto difficile da amare e ricordare.
7/10