field music commontime

field music commontime

di Mariangela Macocco

Commontime è l’ultimo lavoro dei Field Music, band britannica capitanata dai fratelli Brewis. Sebbene lo scorso anno ci abbiano deliziato con la pubblicazione di Music for Drifters (colonna sonora composta per il documentario Drifters, filmato nel 1929 da John Grierson allo scopo di narrare le condizioni dei pescatori di aringhe nel mare del Nord), era in realtà dal 2012, anno dell’uscita di Plumb, che attendevamo un lavoro coerente e personale del gruppo, più spesso impegnato in dischi solisti o prestigiose collaborazioni con altri musicisti (basti ricordare quelle con Paul Smith o Eleanor Friedberger).
Commontime, dato alle stampe a inizio febbraio, giunge a colmare quest’assenza ed è un’opera per certi versi estremamente interessante, per altri aspetti, invece, meno riuscita di quanto era lecito attendersi.
Il brano in apertura, The Noisy Days Are Over, riporta immediatamente alla mente sonorità alla Talking Heads decisamente piacevoli ma che, allo stesso tempo, danno subito la cifra dell’intero lavoro, caratterizzato da una consistenza e un’uniformità di stile che rischiano spesso di trasformarsi in monotonia.
In effetti tutte le 14 tracce, che si dispegano per 57 minuti totali, sono piacevolmente pop, molto anni ‘80, a tratti assai raffinate (penso per esempio a But Not For You, momento fra i più riusciti per la varietà e la ricchezza del tessuto musicale), a tratti un po’ ripetitive. Fra gli episodi più belli non posso non segnalare That’s Close Enough For Now, bellissimo brano dal sapore beatlesiano, ove il dialogo fra chitarra acustica e chitarra elettronica si alterna a quello fra pianoforte e batteria, o Trouble At Lights, apprezzabile sia a livello testuale, che musicale, Altri episodi sembrano esercizi di stile e reiterano il concetto di pop, declinandolo indefinitamente per tutta la durata di Commontime, come se la band fosse alla ricerca di una sorta di perfezione. In realtà il difetto più grande che si puo’ imputare a questo lavoro è proprio l’estenuante ricerca di una ineccepibiità stilistica che alla fine incide sulla freschezza del risultato. Un album nel complesso riuscito e indubbiamente da ascoltare, ma che non riesce a convincere interamente.

6,5/10

httpv://www.youtube.com/watch?v=7FGPDau_QwA

The Noisy Days Are Over

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