ghostpoet-some-say-i-say-light

 

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di Marina Montesano

A due anni dall’ottimo esordio (Peanut Butter Blues & Melancholy Jam), torna l’inglese Obaro Ejimiwe, in arte Ghostpoet, che con Some Say I So I Say Light perfeziona il suo hip-hop peculiare. In effetti non si tratta di rap in senso stretto, perché la parentela più evidente è con lo stile spoken word, senonché il suo flow contiene una tale musicalità e un tale ritmo da travalicare ogni definizione troppo precisa. In un certo senso il paragone più calzante potrebbe essere con il Mike Skinner del primo (e di grande lunga migliore) The Streets, ma con il dubstep a sostituire l’ispirazione ska. Anche le basi, appunto di ispirazione dubstep, sono di grande originalità; Ghostpoet mescola il minimalismo del genere con influenze jazz per creare una perfetta cornice alle sue narrazioni: notturna, malinconica e al contempo vitale, nella quale la fluidità del tutto è preferita alla ricerca del singolo d’impatto. Se ci volgiamo all’ultima uscita di Gill Scott-Heron, il remix di Jamie xx (produttore dubstep d’eccellenza nonché parte del trio XX) del suo acclamato I’m New Here, non pensiamo di esagerare dicendo che Ghostpoet è oggi il suo erede più probabile e che dovrebbe essere ascoltato da quel pubblico ormai un po’ d’età che aveva amato le contaminazioni di Scott-Heron, ma che lì si è fermato. La musica, per fortuna, va avanti.
8 /10

Per discuterne:

https://www.facebook.com/groups/282815295177433/

httpv://www.youtube.com/watch?v=ABkQ96dh0eQ 

Ghostpoet – Meltdown 

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