HAIM-DAYS-ARE-GONE

HAIM-DAYS-ARE-GONE

Accompagnate da buona pubblicità arrivano le HAIM.

L’hype è un po’ una malattia, una roba che inevitabilmente tocca sopportare e subire. Nessuno ne è immune, ne siamo tutti vittime prima o poi, ma in certe circostanze le cose rischiano di sfuggire di mano inficiando definitivamente ogni giudizio obbiettivo. Nel caso delle sorelle Haim la situazione è semplicemente esplosa nelle loro stesse mani, raggiungendo però il punto di non ritorno in cui o se ne parla bene o non se ne parla proprio. Insomma, un’esplosione benigna almeno per loro (ma non proprio per la loro musica). Si presentano nel 2012 con un EP e un paio di ottimi singoli, Forever e Don’t Save Me, in stile soft-rock anni ’80, che si guadagnano giudizi subito entusiastici e fanno inevitabilmente partire il conto alla rovescia per il primo album. Nel frattempo escono altri due singoli, Falling e The Wire, entrambi migliori dei precedenti, l’hype sale, le aspettative crescono, la gente un po’ si spazientisce; così, tra una pressione e l’altra le tre ragazze fanno finalmente uscire Days Are Gone i primi di ottobre, più di un anno dopo il loro debutto. Senza tante sorprese l’album è finito al primo posto in diversi paesi e si è guadagnato voti quasi insensati da molte parti. Sarebbe tutto a posto non fosse che Days Are Gone sembra più una raccolta di singoloni che un effettivo disco.

I dodici brani di HAIM – Days Are Gone

Su dodici tracce quattro le conosciamo già, due funzionano addirittura meglio (Honey & I e la title track) e le altre sono un fallimento totale tra banalissimo pop e scarsa sperimentazione (My Song 5 potrebbe essere uno dei peggiori pezzi in album accettabili sentiti quest’anno). Eppure loro sono brave, il pop con cui si sono fatte conoscere è un pop suonato per davvero, con due chitarre sempre sopra a tastiere che a volte nemmeno ci sono, e scazza decisamente trovarsi davanti a episodi in cui queste ultime prevalgono e che sembrano usciti da un disco brutto di Charli XCX. Sono brave, dal vivo spaccano e suonano come nessun gruppo pop in circolazione, ma questo disco ha degli evidenti problemi di idee risolti nel modo sbagliato. Magari sarebbe il caso di smontarle un pochettino e parlarne onestamente o rischiamo di ritrovarcele in questa veste anche nel prossimo disco, ché formula vincente purtroppo non si cambia.

 

6/10

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Appassionato di musica, cinema e fotografia, ha costretto suo padre ad anni di Springsteenianismo acuto. Ora, quasi trentenne, pare essere guarito e ascolta il punk che avrebbe dovuto ascoltare a sedici anni.

Di Mattia Meirana

Appassionato di musica, cinema e fotografia, ha costretto suo padre ad anni di Springsteenianismo acuto. Ora, quasi trentenne, pare essere guarito e ascolta il punk che avrebbe dovuto ascoltare a sedici anni.

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