Più di un semplice side project: ecco i Mini Mansions.
Comincia molto bene The Great Pretenders, side project del bassista dei Queens Of The Stone Age, Michael Shuman, che nei Mini Mansions si accompagna a Zach Dawes e Tyler Parkford: Freakout!, Death Is A Girl, Creeps e Fantasy mescolano sapientemente glam e psichedelia pop con un suono a tratti reminiscente del recente Will Butler. Su Any Emotions è addirittura il padrino del pop psichedelico Brian Wilson a intervenire. Shuman ha una voce sottile, a tratti in falsetto, che si presta bene allo scopo anche senza entusiasmare; fa quindi piacere l’intervento dell’amico Alex Turner su Vertigo, ch’è suadente al punto giusto e perfettamente adatta alle sue corde.
Nella seconda parte, a partire da Honey I’m Home, il disco diviene meno compatto; a tratti prende una piega di psichedelia prog inaspettata, con il prevalere degli intrecci di tastiere e un impatto decisamente minore, particolarmente in Mirror Mountain; altrove, come su Heart Of Stone, sono le melodie beatlesiane con archi sintetici in sottofondo a risaltare.
Con la pausa annunciata dei QOTSA, Michael Shuman ha fatto bene a non perder tempo perché Mini Mansions – The Great Pretenders è nel complesso un disco simpatico, per chi scrive decisamente più gradevole nella prima parte, ma godibile nell’insieme. Va infine aggiunto che l’album è il primo titolo pubblicato dalla Electromagnetic, dépendance della Fiction di proprietà di T Bone Burnett. Cosa c’entri con questi suoni il signor American Roots per eccellenza è un (piacevole) mistero.
7,3/10