di Francesca Bassani
Quando vedo l’etichetta “Rough Trade” io mi emoziono sempre un po’. Immediatamente vengo teletrasportata a Brick Lane a spulciare fra i vinili e ad ascoltare le novità discografiche, bevendo un lunghissimo caffè proprio nel negozio dell’etichetta, in quella Londra dell’est che mi è tanto cara.
Mi sono messa così, fiduciosa, ad ascoltare questo Danger In The Club dei Palma Violets, forte anche della recensione positiva che proprio qui su TomTomRock era stata fatta da Marina Montesano alla loro opera prima 180 https://www.tomtomrock.it/recensioni/90-palma-violets-180-rough-trade-2013.html.
Se le sonorità ci portano subito nel Regno Unito (cosa di per sé positiva, per i miei gusti), l’incedere del lavoro non regge il passo delle aspettative. Una serie di pezzi stanchi e, soprattutto, stancanti. I primi tre (senza contare la breve intro) scorrono uno dietro l’altro senza soluzione di continuità che spezzi un po’ il mood lento e faticoso.
httpv://www.youtube.com/watch?v=H6il1Wdqwhs
Danger In The Club
Danger in the Club, il singolo che dà il titolo all’album non è poi male, ma fino a Matador non mi viene neanche in mente di mettermi ad ascoltare qualcosa con maggiore attenzione (brutto segno).
Poi aumenta un po’ il tiro qua e là, gli ultimi brani sono più coinvolgenti, ma ho qualche problema a sopportare le voci dei due frontman. Nel complesso è tutto un susseguirsi di pezzi che sembrano più da balera che altro. Voci sbronze, atmosfere fumose, niente di nuovo sul fronte occidentale insomma. (Forse alla Rough Trade West suonava meglio?)
Che peccato, stavolta cara Rough Trade East ripongo le mie cuffie immaginarie, finisco il mio caffè a malincuore e mi faccio un giretto lì davanti al Caffè 1001, nella speranza che lì il sottofondo sia migliore.
5/10
httpv://www.youtube.com/watch?v=3GjMW2n4v9s
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