Musicisti italiani e statunitensi uniti per Long Time Gone. A Tribute To David Crosby.
A quasi due anni dalla morte vede la luce questo Long Time Gone. A Tribute To David Crosby, un tributo che si può definire “italiano”, nonostante la presenza anche di musicisti americani, a cominciare da quel Jeff Pevar che del californiano fu anche prezioso collaboratore nel progetto CPR per continuare con la bella voce di Jackie Perkins, le chitarre di Clive Carrol, l’armonica di Joe Slomp e il piano di James Raymond. Diciamo subito che si tratta di un disco assai ben riuscito, perfettamente nello spirito di quella che, a nostro parere, dovrebbe essere la linea guida di tutte le operazioni di questo genere: reinterpretare e personalizzare, ma senza stravolgere per voler mostrare a tutti i costi una “originalità” di cui spesso non si sente affatto il bisogno. E i quattordici brani di cui si compone il disco, tutti affidati a interpreti diversi – solo Pevar compare due volte, sia da solo sia in compagnia di Alberto Grollo – tengono perfettamente fede a questo assunto.
La scelta dei brani
Non c’è lo spazio per entrare nello specifico di ogni singolo brano – alcuni notissimi, altri scelti tra le cose più “nascoste” del californiano -: dovremo forzatamente limitarci a quelli che ci hanno più colpito, sperando che non ce ne vogliano gli altri, tutti meritevolissimi, interpreti. I Rawstars, coadiuvati dalla morbida voce di Luisa Capuani e dalla tromba di Giovanni di Cosimo, presentano una versione lounge di Almost Cut My Hair evidenziando quelle sfumature jazz già presenti, a ben vedere, nell’originale. La languida lap steel di Jeff Pevar troneggia in Laughing, forse il pezzo che più di tutti richiama quelle sonorità West Coast tanto care a Crosby. Jackie Perkins sceglie come contraltare alla sua morbidissima voce in Music In Love il sax soprano di Fabrizio Biccio Benevelli in un modo che ci ha ricordato molto quello di Wayne Shorter in O Primeiro Canto di Dulce Pontes. Virata al jazz anche la versione di Triad eseguita da Gg Cifarelli, che non sfigura al confronto di quella dei Jefferson Airplane in Crown Of Creation: e detto da un “innamorato” di Grace Slick non è poco.
Il contributo di Michele Gazich
Gli inconfondibili archi e la caratteristica voce di Michele Gazich, insieme all’organetto diatonico di Andrea Del Favero, si cimentano con la relativamente poco nota – ancorché contenuta nel primo disco solista di Crosby, forse il suo capolavoro: If I Could Only Remember My Name – Orleans, che nell’originale ha cadenze iniziali quasi da canto gregoriano e alla quale Gazich conferisce piuttosto marcate sfumature “ebraiche”.
Long Time Gone. A Tribute To David Crosby si avvia in bellezza alla conclusione
Siamo già andati in là con lo spazio concessoci. Tuttavia non possiamo fare a meno di menzionare la dolcissima versione strumentale di Guinnevere affidata alle chitarre acustiche sovraincise di Clive Carrol; quella, se possibile ancor più rallentata rispetto all’originale e impreziosita dalla fisarmonica e dal violino, di The Lee Shore eseguita dallo Smallable Ensemble di Alex Gariazzo; la Vagrants Of Venice affidata ad un insieme di voci maschili e femminili e punteggiata dagli arabeschi chitarristici di Gavino Loche. Chiude la calda voce di Maurizio Bettelli che, accompagnata dalla chitarra di Amos Amaranti cesella una Paint You A Picture che è forse, fra tutti, il brano più fedele all’originale, quasi a voler ribadire quell’assunto di cui parlavamo all’inizio a proposito di questo genere di operazioni.
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