Arco - ArcoAmmiratore Omonimo – 2020

Da Arezzo il progetto Arco.

Arco - Arco
Ammiratore Omonimo – 2020

Arco è il nuovo progetto dell’aretino Andrea Guerrini nel cui curriculum c’è la partecipazione a band come Mooondrive e Walden Waltz, quest’ultimo in particolare una delle cose migliori e più originali apparse in questi ultimi anni, anche se non molti se ne sono accorti. Siamo nell’ambito di quel gruppo artistico aretino da cui, oltre ai già citati, sono usciti lavori interessanti e bellissimi come quelli dei Sycamore Age, degli Ant Lion e di Ask the White. Evidentemente le foreste del Casentino sono un’eccellente fonte di ispirazione. Non fa eccezione Arco che sorprende e conquista per l’originalità e la qualità della proposta. Difficile darne una definizione, non è cantautorato, non è prog, non è sperimentale, non è folk, non è ambient, eppure queste componenti concorrono tutte alla riuscita di un disco che non segue una sola via, ma cambia spesso strada, spiazza, sorprende.

Si apre con Parassiti

Prendiamo il brano iniziale Parassiti, incubo misantropico all’interno di un supermercato, esso si snoda come un racconto cinematico, diviso in vere e proprie sequenze  musicali. Parte con la voce narrante sorretta da percussioni stile washboard, a me ha ricordato certe cose di Enzo Del Re, e lo stile è da cantastorie apocalittico, poi tutto cambia con l’ingresso al supermercato, l’incubo si materializza nei clienti e nel personale, unica salvezza l’urlo parassiti, la musica si fa lirica, teatrale con un finale che, in particolare nella chitarra, ricorda i Pink Floyd. Un approccio e uno stile originale che derivano dall’esperienza che Guerrini ha fatto  in radio nell’audioracconto e che si rispecchia nella cura e nella qualità dei testi ,e nella capacità di affabulatoria di coinvolgere attraverso narrazioni introspettive, visionarie, apocalittiche.

Le atmosfere di Arco

«Provavo a farmi un posto in questo mondo, ma non ci sono riuscito», queste parole contenute nel delirio liquido e torbido di Dinero, ci aiutano a comprendere le atmosfere delle canzoni-racconto di Arco, moderno cantastorie che sa imbastire arrangiamenti complessi. Merito anche della produzione dei Vonneumann,  che uniscono scampoli di sperimentalismo, ambient, field recordings, noise, prog, jazz, drone, per accompagnare l suoi immaginifici racconti.

C’è un’esuberante fantasia, ma usata con equilibrio nella musica di Arco, che va dall’ipnotica Amarea, suggestiva l’allitterazione «salivi tu su salici», agli spasmi apocalittici di Polarità. Fino a quella sorta di suite divisa in tre parti di La Storia, il punto più alto e notevole del disco, con una prima parte strumentale avvolgente e stordente tra field recordings e synth inebrianti nel susseguirsi dei luoghi e dei paesaggi evocati e le altre due più cantautorali in cui Arco è accompagnato da una voce femminile fra chitarre, violini sognanti e tappeti di percussioni. Un disco che è un po’ uno scrigno ricco di fascino e mistero da  esplorare e conquistare, perché, come recitano gli ultimi versi dell’ultima canzone: «lungo la strada troverai tutto / tutto resta nel suono e la parola è il canto dell’uomo».

Arco - Arco
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Nato nel 54 a Palermo, dal 73 vive a Pisa. Ha scritto di musica e libri per la rivista online Distorsioni, dedicandosi particolarmente alla world music, dopo aver lavorato nel cinema d’essai all’Atelier di Firenze adesso insegna lettere nella scuola media.

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