Austra – Future Politics.

Future Politics è il terzo lavoro in studio per gli Austra, una delle band provenienti dal Canada più interessanti degli ultimi anni. Con il loro synth-pop nel 2011 arrivarono in finale al Polaris Music Prize, (principale premio discografico del loro paese) assegnato poi agli Arcade Fire. L’album che sfiorò la vittoria era Feel It Break e gli Austra parevano destinati a seguire il cammino dei pochi, ma grandi, nomi della musica canadese.
Future Politics e la “distopia concettuale”
Quattro anni dopo il ritorno alla musica presenta luci e ombre. Sul piano testuale Future Politics propone riflessioni esistenziali poco ottimistiche sul futuro. Il termine “distopia” è quello usato dalla front woman Katie Stelmanis. La nostra, dopo un periodo sabbatico in Messico, si è avvicinata a teorie post-capitalistiche onestamente alquanto nebulose. Il tentativo di esprimerle nel nuovo album non sempre funziona, nonostante l’ambiziosità del progetto. Dal punto di vista musicale, invece, Future Politics è più nitido. Con meno algidità rispetto al passato gli Austra odierni riescono a creare un hype più immediato.
Una svolta meno glaciale per Austra con Future Politics
Future Politics è quindi un disco decisamente gradevole sotto il profilo melodico. La cifra stilistica degli Austra delle origini qui si amplia e il risultato è decisamente buono. Oltre all’elettronica e al synth-pop, in Future Politics spunta una spruzzata decisa di dance che addomestica anche l’ascoltatore più disimpegnato. Undici nuovi brani dei quali più di uno potrebbe valere l’intero disco. La title track è un esempio dell’evoluzione degli Austra, ottima per un mercato più vasto. Sulla stessa linea Utopia e I Love You More Than You Love Yourself, che riescono a tenere insieme le due anime, solari e notturne, della band.
E allora qual è il problema?
Una questione sembra però non avere risposta e inficia il risultato finale. Diciamolo senza mezze misure: il vibrato caprino di Katie Stelmanis è il vero problema degli Austra! Il dilemma è capire se sia una scelta artistica o meno. Sta di fatto che, nonostante i molti elementi positivi, sentire Future Politics dall’inizio alla fine disturba l’apparato acustico anche dell’ascoltatore più provato dai decibel di migliaia di concerti. Qualcuno ci avrà pensato?
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