Michael Chapman – 50.

50 sta per i cinquant’anni di vita in musica che Michael Chapman ha da poco festeggiato. 50 è il più bel disco di Chapman dai tempi di Fully Qualified Survivor (1971). All’epoca con lui c’era Mike Ronson pre-Spiders From Mars (e fu ascoltando quel disco che Bowie lo volle nella band). Oggi con il chitarrista di Leeds suonano diversi giovani adepti americani fra cui il talentuoso Steve Gunn, già con Kurt Vile, che è anche produttore del nuovo lavoro.
50 è il disco ‘americano’ di Michael Chapman. O forse non tanto
Si dice che 50 sia il disco ‘americano’ di Chapman e l’affermazione è solo in parte vera. Intanto perché già nel 1978 Savage Amusement era stato caratterizzato dalla produzione southern di Don Nix. Ma soprattutto perché dopo l’iniziale A Spanish Incident (Ramón and Durango), con il banjo in primo piano e gli evidenti riferimenti dylaniani, le canzoni prendono una piega indiscutibilmente piovosa e inglese (da intendersi come complimento). Anche se una s’intitola Memphis In Winter e Chapman sostiene di avere finalmente acquisito una voce da vecchio bluesman del Delta.
In realtà cantava così già agli esordi, come se già avesse i 76 anni che oggi ha davvero. Possiamo definirlo un bluesman del Vallo di Adriano (vive da quelle parti), visto che non gli piace essere definito musicista folk.
Oltre alla voce, a rendere così apprezzabile 50 contribuisce la qualità dei pezzi. Alcuni sono nuovi, altri ripescaggi di epoca relativamente recente. Tutti, fatta eccezione per Money Trouble, hanno cadenze avvolgenti e fosche, a volte persino apocalittiche (Sometimes You Just Drive). Oppure saggiamente disilluse, come nel caso di That Time Of Night.
Dopo qualche momento difficile, Chapman è oggi apprezzato musicista ‘cult’
D’altronde parliamo di qualcuno che è stato quasi famoso e poi quasi alcolista. E che da qualche anno si gode una meritata fama come artista di culto. Si tratta di una fama ri-costruita in massima parte grazie a uno stile chitarristico caratterizzato da frasi circolari e bordoni ben presenti, sia in chiave acustica che elettrica. A lui devono qualcosa, tanto per fare un paio di nomi, sia Thurston Moore sia Ryley Walker.
Con 50 Michael Chapman riporta a casa tutti gli elementi costitutivi della sua musica e il risultato è un disco decisamente bello. Anzi, insieme ai molto diversi (e più ‘moderni’) I See You dei The xx e RTJ3 dei Run The Jewels, è uno degli album migliori di inizio 2017.
Con un po’ di apertura mentale c’è ancora tanta ottima musica che gira intorno.
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