Una raccolta dei recenti singoli ‘politici’ di Billy Bragg.
Alla stregua del suo grande maestro, Woody Guthrie, anche a Billy Bragg riesce facile intervenire sull’attualità con acuta prontezza, facendo uscire canzoni nuove ogni volta che i temi sociali o politici lo richiedono. I sei brani contenuti in questa raccolta sono apparsi uno dopo l’altro come singoli (a partire dal luglio scorso) e alcuni di essi sono stati eseguiti nella tournée italiana della scorsa estate.
Bridges Not Walls fra rabbia, ironia e disillusione
Il formato ridotto, mini lp in questo caso, è stato utilizzato con frequenza dal cantautore inglese fin dall’esplosivo debutto con Life’s a Riot with Spy vs Spy del 1983. Da allora non è cambiato molto nel mondo. La vita è sempre una lotta, e le spie, magari di diverso tipo, ci sono ancora… In Bridges Not Walls Bragg dice la sua sui temi più urgenti: la mancanza di governi credibili, le emergenze sociali e ambientali, l’immigrazione e il controverso referendum inglese. E ritroviamo sia il folksinger arrabbiato degli anni thatcheriani che il Bragg più maturo, un po’ deluso e amareggiato, degli anni recenti.
Billy Bragg dice la sua su Brexit e altro
Nel brano dedicato alla Brexit (Full English Brexit) il punto di vista è quello ottuso del sostenitore medio della ‘fuga’ inglese dall’Europa. Tra il piano che accompagna la melodia e la causticità del testo, sembra di ascoltare un Randy Newman britannico. L’unico titolo non composto da Bragg è probabilmente il migliore della raccolta. Si tratta di Why We Build The Wall, firmato qualche anno fa della cantautrice americana Anaïs Mitchell. Epica e potente, è un fortissimo monito contro tutti i muri, scritto, in origine, per stigmatizzare l’ampliamento della barriera tra Stati Uniti e Messico.
Alla soglia dei sessanta (li compirà il 20 dicembre) per Billy Bragg c’è tanto lavoro da fare. L’intento è utopico ma sempre necessario: rivoltare il mondo come un calzino.
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