L’esordio importante di Declan McKenna.

La copertina con ritratto in stile Justin Bieber proprio non fa immaginare che Declan McKenna sia considerato un portavoce socialmente impegnato della cosiddetta Generation Z. Il diciannovenne musicista inglese (ma le origini stanno più a ovest, si direbbe) si è guadagnato una notorietà sempre crescente con una serie di singoli dai suoni pop e dai contenuti seri.
Declan McKenna ragazzo prodigio
Brazil, scritta a 16 anni, parla degli scandali della FIFA. Paracetamol è dedicata agli adolescenti trasgender e alle violenze psicologiche da loro subite. Betlehem mette in relazione guerra e religione organizzata. Isombard tratta dei media conservatori e della loro manipolazione delle notizie. Può bastare per convincere della serietà, persino esagerata, del ragazzo?
I quattro singoli sono stati ora inseriti nell’album d’esordio, What do You Think About The Car?, che quindi funge un po’ da riassunto della già proficua (e mediaticamente efficace) carriera di McKenna. Il lavoro è prodotto da James Ford. Uno che ha lavorato con gli Arctic Monkeys, tanto per dire. Ecco dunque che ci troviamo davanti a quello che potrebbe esser considerato l’esordio dell’anno.
Non a caso, l’iniziale Humoungous si propone come sdegnato rifiuto del ruolo di giovane profeta, ma suona come un solare brano radiofonica dalla bella accelerazione nella seconda parte. Da qui in avanti, tutto il disco si pone in questa doppia dimensione un po’ strana. Nel caso di Brazil, ad esempio, se non si fa caso al testo, si può pensare a una canzone che parla del Brasile turistico. A volte le melodie tendono al generico-delicato. Altre volte, specie quando azzeccano il ritornello potente, dimostrano che il brit-pop è un’attitudine e non una foto dal passato. E’ il caso di The Kids Don’t Wanna Go Home.
What Do You Think About The Car? è un esordio promettente anche se incompiuto
La scrittura musicale dimostra talento e margini di miglioramento notevoli. Quanto ai testi, soltanto il fatto che McKenna si sforzi di dimostrare che i suoi coetanei non sono tutti social-e-droghe fa passare in secondo piano eventuali ingenuità. I pezzi di registrazione più recenti dicono che la voce sta acquistando duttilità e profondità. Peccato solo che l’album soffra per la sua dimensione ‘assemblata’, e alla fine incompiuta, di cui si diceva.
Sarà dunque la prossima uscita – in un certo senso il primo, vero album di Declan McKenna – a confermarne, si spera, il talento. Sperando anche che non vada come con Jake Bugg.
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