dEUS – How To Replace It

Indimenticati dEUS: eccoli di ritorno con How To Replace It.

Il piccolo Belgio propone bella musica da tempo, questo è noto, e in ambito pop-rock il nome dei dEUS non può mancare dall’elenco: il nuovo How To Replace It arriva a ricordarcelo, e ce n’è bisogno davvero, perché il precedente data ormai a undici anni fa. Giovani leoni come i Balthazar (con la costola Warhaus) oggi fanno la loro parte, ma è la band di Tom Barman ad aver tracciato il solco. Tuttavia, i dEUS hanno avuto una carriera strana. Negli anni ’90 erano emersi, si ricorderà, con Worst Case Scenario e In a Bar, Under the Sea, dove mescolavano un po’ tutto, producendo un pop sperimentale, praticamente un ossimoro, con qualche indimenticabile perla del tipo di Suds & Soda e Little Arithmetics.  A cavallo dei due decenni fra vecchio e nuovo millennio hanno preso una lunga pausa per tornare poi con una formazione nuova, dove ormai Barman è al comando e accanto a lui resta, del passato lontano, solo Klaas Janzoons (la formazione comprende anche Stefan Misseghers, Alan Gevaert, Bruno De Groote).

Tom Barman oltre i dEUS

Tom Barman è sempre stato un irrequieto. Le lunghe pause della band hanno coinciso con un suo impegno come regista cinematografico o con altri progetti musicali: nell’ultimo decennio sono stati i TaxiWars a rubare la scena ai dEUS, ma con How To Replace It Barman sembra ritrovare il focus necessario e dà vita a un disco della maturità decisamente migliore rispetto a buona parte della produzione anni ’00. Certo, le stranezze degli esordi sono lontane, qui abbiamo un pop-rock se vogliamo più tradizionale, ma quando le canzoni sono così belle, non c’è molto da rimpiangere.

How To Replace It

Parte la title track con percussioni marziali, la chitarra e il parlato/declamato di Barman, un ottimo inizio per i dEUS di How To Replace It, seguito da due episodi più rock, niente male, ma servono soprattutto ad aprire la strada per la stupefacente sequenza di 1989, Faux Bamboo e Dream Is a Giver, pop nervoso di estrema eleganza.

Pirates, subito dopo, comincia nel medesimo stile, ma ha un finale in crescendo tutto da ascoltare. Barman, non nuovo al cantato in francese, lo riserva qui per la conclusiva Le Blues Polaire, ed è proprio una bella chiusura per un disco che, a 55 minuti, non annoia. Nessuna delle tracce è un vero singolo, ma How To Replace It prende nel suo insieme, affascina un po’ per volta e così non stanca, riportandoci ai dEUS migliori conosciuti un tempo, quando si era tutti un po’ più giovani e magari più eclettici. La classe però resta intatta.

dEUS – How To Replace It
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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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