Feist – Pleasure
Non è capitato spesso, negli ultimi tempi, di trovarsi di fronte a un disco così denso da una cantautrice. In ogni caso ci sono voluti alcuni ascolti per scalfire la possente armatura delle nuove canzoni di Feist, che vivono dell’asprezza e dell’energia accumulate in sei anni di tour, tra presumibili peripezie sentimentali e, si spera, anche un po’ di sano riposo.
E sei sono gli anni che distanziano Pleasure dal suo predecessore, il robusto, ipertrofico Metals, disco che, a sua volta, spostava avanti i paletti: dalla Leslie Feist che produceva video virali e cantabili (come quello di 1234) alla songwriter dinamica e introspettiva.
Feist: nuovo album dopo sei anni di silenzio
Per il nuovo album la cantautrice canadese ha chiesto ancora una volta aiuto al fidato ‘Mocky’, ovvero Dominic Salole, già con lei per The Reminder (2007) e il già citato Metals. ‘Mocky’ produce, suona, campiona da vero tuttofare, ed è probabilmente l’artefice del suono bizzarro che distingue Pleasure, con il respiro e l’ambiente della sala d’incisione ben percepibili sullo sfondo. Altri musicisti qui e là si affiancano al duo per riempire gli spazi vuoti, soprattutto nel reparto percussioni e tastiere, ma il vero colpo è l’intervento di Jarvis Cocker sul finale dell’ambiziosa Century. Qui l’ex leader dei Pulp recita un breve testo in un cameo di gran classe.
Pleasure testimonia la voglia di rischiare di Feist
I brani sono tutti piuttosto lunghi, dalle strutture libere, tanto da ricordare colleghe molto diverse tra loro come la PJ Harvey degli inizi e la Joni Mitchell più destrutturata. Ma sono paragoni forse azzardati e inutili, perché Pleasure è un disco personale e puntuto, e a Feist va riconosciuto il merito di aver saputo osare, prendendosi pure qualche rischio.
Anche la copertina, da questo punto di vista, sembra esplicativa, con la ragazza impegnata a sfidare con convinzione una porta chiusa. Così, solo per vedere cosa ci sia dall’altra parte.
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