Afghan Whigs – In Spades.
In Spades è l’ottavo disco degli Afghan Whigs, o volendo il secondo della loro seconda vita. La band di Greg Dulli si era infatti separata nel 2001 e ritrovata qualche anno più tardi. Tuttavia il ritorno discografica data al 2014, con il potente Do To The Beast.
Do To The Beast vs In Spades
In Spades segue nel solco del precedente, ripescando però dal passato un piglio funky e meno rock di Do To The Beast. E, per continuare con i paragoni, magari a In Spades manca un brano di primo impatto qual era stato Algiers. Però compensa ampiamente con una bella coerenza e con una scrittura intricata, nella quale si scoprono una alla volta le canzoni preferite.
La scrittura di Greg Dulli brilla su In Spades
Una delle quali la si trova già nei primi minuti. Birdland è un’introduzione lenta, Poi Arabian Heights, perfetta a partire dal riverbero iniziale, alla ritmica incalzante, al crescendo continuo. Un brano che rinvia ai tempi d’oro della band, quella di Getleman e Congregation. Con tutto che una recente intervista rilasciata da Greg Dulli a proposito dei dischi degli Afghan Whigs da lui preferiti dice qualcosa di diverso.
Il disco prosegue bene con molti grandi momenti. Da Demon In Profile, dove qualche arrangiamento orchestrale non sminuisce la forza del brano. Oriole e The Spell erano state scelte per presentare il disco e si capisce il perché; restano infatti due gran belle canzoni, e ancora una volta portano il marchio di fabbrica. Va infatti rimarcato per Greg Dulli e i suoi Afghan Whigs che davvero esiste ormai un suono loro specifico, che non rientra in alcun genere.
Una nuova prova riuscita per gli Afghan Whigs
Ovviamente questo marchio di fabbrica è dato in primis dalla voce di Greg Dulli. Che non è la più bella al mondo, ancor meno oggi quando i falsetti sono più sottili di un tempo, ma nessuno si immaginerebbe Milez Is Ded senza quella voce strozzata. Che alla fine non sarà bellissima, ma quanto è espressiva!
Insomma questo In Spades conferma tutte le virtù di una grande band che forse non ha avuto nel tempo il riconoscimento commerciale che le spettava, ma che suoi fan esercita la magia, un po’ dark e un po’ sexy, di cui Greg Dulli canta in Oriole “Light the candle / Lock the door, too / Draw the circle / I’ll fall into you / Divination / Cleromancy / Comes the card / that I refused to see”.
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