First Aid Kit tra luci, ombre e rovine.

Quarto disco per le First Aid Kit, ovvero le sorelle Klara e Johanna Söderberg, da Stoccolma. Il duo svedese, ma dal suono molto, molto americano, venne alla ribalta nel 2008 con una versione molto cliccata di un brano dei Fleet Foxes (Tiger Mountain Peasant Song).
Il nuovo disco si intitola Ruins, forse a causa di qualche disastro sentimentale, i cui indizi si possono intravedere nei testi. Il nuovo produttore, Tucker Martine, che ha lavorato con artisti come The Decemberists e Sufjan Stevens, sembra aver indurito un po’ la mescola degli ingredienti (e forse anche avvicinato i microfoni ai tamburi della batteria).
Ruins è un disco qualitativamente alterno
Ruins parte comunque bene, con l’iniziale Rebel Heart, che ricorda in modo evidente colleghi come Lisa Hannigan o i Cranberries della povera Dolores O’Riordan. Sfortunatamente, nel corso della tracklist si accumulano alcuni di quegli insipidi country-rock che banalizzano le voci sempre perfette delle due sorelle. Al contrario, quando le atmosfere sono più pacate, come in Fireworks, la bellezza degli incroci vocali guadagna in spessore ed espressività.
In questa alternanza di stimoli e disinteresse il disco prosegue, con qualche incertezza, verso la conclusione. Nelle ultime battute, però, le Söderbergh mettono in fila due bei colpi: prima il quasi tradizionale Hem Of Her Dress, ballata alla Pogues dalle inequivocabili sonorità irlandesi, con coro finale ad alta gradazione alcolica; quindi la lunga Nothing Has To Be True, sicuramente il miglior brano dell’intero disco, con il suo crescendo dai suoni misteriosi ed evocativi.
Gli amici famosi delle First Aid Kit
Compaiono in soccorso (pronto, s’intende…) delle First Aid Kit alcuni grandi nomi della scena rock americana come Peter Buck (R.E.M.), McKenzie Smith (Midlake) e Glenn Kotche (Wilco). Non che se ne avverta particolarmente la presenza, ma nello show business, evidentemente, tutto fa curriculum…
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