Intruder

Una carriera con alti e bassi per Gary Numan.

Gary Numan… gli si riconosca di aver sdoganato, insieme ad altri personaggi dell’epoca, il pop elettronico prima con i suoi Tubeway Army (anche se il primo album era in realtà più prossimo a una glam wave) e poi come solista. Ancora con i Tubeway regalò quello che, ad oggi, è uno dei suoi lavori, come dicono gli addetti ai lavori, più seminali, quel Replicas che conteneva sia Are Friends Electric? che Down In The Park, ovvero l’una la trasmutazione in chiave new wave delle sinfonie dei Kraftwerk e l’altra il nucleo da cui, negli anni a venire nasceranno formazioni industrial pop, tipo i Nine Inch Nails.

Gary Numan - Intruder
BMG – 2021

Mettiamoci anche una spiccata tendenza a bowieggiare sia negli atteggiamenti (quel labbro distorto tipico del periodo berlinese) che nelle tonalità vocali (e sul periodo “epigoni di Bowie” quando Bowie si fermò da Scary Monsters a Let’s Dance…) che ricalcavano i toni del David de noantri. Nel corso della sua carriera che ha visto picchi e pendii, più numerosi i secondi, comunque l’uomo si è tenuto a galla, stiff on his legend, e oggi ci consegna quello che dovrebbe essere il suo 21esimo lavoro, che, di fatto è la prosecuzione della penultima opera ossia Savage (Songs Of A Broken World): Intruder

Gary Numan – Intruder: i temi

Nel dittico si affronta, in modalità distopica, il solito futuro post atomico, lande desolate e Mad Max inspired robe, un immaginario che già in Warrior era stato esplorato senza grossi clamori, ma tant’è, evidentemente Numan ha capito quale sia il suo pubblico e cosa si aspetti da lui. In pratica l’album si snoda sul prosieguo del racconto iniziato con Savage e quindi, dopo la desolazione, l’annientamento del genere umano, un tema paradossalmente vicino sino a qualche mese fa ma al posto dell’atomica abbiamo avuto la microbica, e per affrontare il racconto ogni canzone si appoggia su basi di industrial addomesticato e ieratiche intonazioni che per qualcuno suoneranno come sincere ma non per il sottoscritto che questa formula non gradisce assai.

I suoni

Ci sono suoni che si ripetono in maniera urticante per tutto il disco al punto che riesce difficile non pensare che ci fosse solo un software a disposizione e con quello si è cercato di dare un senso di unicum ad un’opera che senz’altro non è annoverabile al passato del Gary Numan più sperimentatore e innovativo.

 

I presunti neo fasti che alcune canzoni apripista dovevano generare, tra cui la title track, sono imbarazzanti, con quel pathos di plastica che nulla aggiunge alla mancanza di idee su come si costruisce una canzone che si possa definire tale.

Ci si può attendere qualcosa di meglio da Gary Numan rispetto a Intruder

Gli si conceda il beneficio dell’età e la stima per il suo passato, ma si richiede più impegno ed una ricerca sonora più consona al personaggio che tanto ebbe da dire e che ancora potrebbe. Direi che non mi è piaciuto nonostante io abbia tutti i dischi di Numan sino a Pure (che non si dica che son prevenuto), ma non so se ho reso l’idea…  Comunque de gustibus, troverà senz’altro estimatori senza bisogno del mio plauso.

Gary Numan – Intruder
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Collaboratore per testate storiche (Rockerilla, Rumore, Blow Up) è detestato dai musicisti che recensisce e dai critici che non sono d'accordo con lui e che , invece, i musicisti adorano.

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