Gong - Unending Ascending

Unending Ascending: continua a orbitare, pur con qualche incertezza, il pianeta Gong.

Tramandare la mitologia

Il brasiliano Fabio Golfetti (voce, chitarra solista) e l’inglese Dave Sturt (basso), entrambi nati nel 1960, sono i più anziani del quintetto che dal 2015, quando morì a settantasette anni Daevid Allen, il leggendario fondatore, rappresenta i Gong. Gli altri tre sono il frontman suggerito da Allen come suo sostituto, l’iraniano Kavus Torabi (voce, chitarra), del 1971, il fiatista Ian East e il batterista Cheb Nettles, entrambi inglesi. Di costoro non sono riuscito a individuare l’anno di nascita, ma dovrebbero essere più o meno coetanei di Torabi che a sua volta è coetaneo di Camembert Electrique, il secondo album dei Gong dopo quello d’esordio, Magick Brother del ‘70. Insieme ad Allen, voce e chitarra, in Camembert Electrique ci sono naturalmente la sua compagna Gilli Smyth, voce, Didier Malherbe ai fiati, Christian Tritsch al basso, Pip Pyle alla batteria: al netto dei loro soprannomi che pure sono una parte significativa dell’epopea mitologica Radio Gnome Invisible.  

Gong 2023
Gong 2023

È in Camembert Electrique che incomincia a delinearsi l’intricata vicenda del pianeta Gong e dei Pot Head Pixies, cioè folletti che annunciano il collegamento tra la Terra e lo stesso pianeta Gong muovendosi, nel tempo e nello spazio, a bordo di teiere volanti. Flying Teapot è infatti l’album successivo del ’73 a cui ne seguiranno, in poco più d’un anno, altri due: Angel’s Egg e You, che completano la trilogia Radio Gnome Invisible. È la mitologia Gong che si arricchirà di tre successivi capitoli a partire dagli anni Novanta: Shapeshifter nel 1992, Zero to Infinity nel 2000, 2032 del ’09. In quest’ultimo si annuncia la profezia che, nell’anno del titolo, il pianeta Gong entrerà in contatto diretto con la Terra grazie a un perfetto e armonioso allineamento astrale. 

I Gong di Pierre Moerlen, la Gong Family e i futuri Police

Per saperne di più sull’erratica, stravagante, goliardica, spassosa mitologia Gong, la voce che li riguarda su Wikipedia è abbastanza esauriente. Al termine della registrazione di You, Daevid Allen lascia il gruppo insieme a Gilli Smyth. L’esaurirsi della vena creativa, le musiche sempre più tecniche che gli sfuggivano di mano, la richiesta d’una tendenza più commerciale da parte di Richard Branson della Virgin Records, indussero il fondatore a gettare la spugna.  

Daevid Allen nel 2009
Daevid Allen nel 2009

Essendo Allen un pacifico hippie e non un borghese, non sorsero dispute di proprietà sul nome del gruppo. Insieme a lui se ne andò il tastierista Tim Blake, autore in seguito d’un pregevole album solista, Crystal Machine, e dopo qualche tempo il virtuoso chitarrista Steve Hillage che registra nel 1975 con diversi Gong, ma non Allen e la Smyth, l’album d’esordio Fish Rising, significativa appendice alla mitologia, avviando una notevole carriera che prosegue ancora oggi. 

I Gong restano formalmente in piedi grazie alla Virgin Records che li affida al percussionista Pierre Moerlen. Insieme a Malherbe e con la produzione di Nick Mason dei Pink Floyd, Moerlen realizza un disco bello ma controverso, Shamal. Sarà, per la gioia di Branson, l’album più venduto dei Gong, ma anche l’espressione d’un gruppo che, senza mitologia e indirizzato verso una fusion con risvolti etnici dove spiccano le percussioni di Moerlen, sarà un’altra cosa. Esauriti gli obblighi contrattuali a nome Gong, il nuovo nome sarà Pierre Moerlen’s Gong, entrando a far parte d’una serie di formazioni che, fino alla reunion degli anni Novanta, caratterizzeranno la galassia Gong e di cui Wikipedia offre un puntuale riassunto: Paragong, Planet Gong, Mother Gong, New York Gong, Gong Maison eccetera. 

Quando, il 28 maggio 1977 all’Ippodromo di Parigi, avverrà la grande riunione della Gong Family in parte documentata nel notevole album Gong Est Mort, Vive Gong!, ci saranno anche gli Strontium 90. Insieme a Mike Howlett, bassista storico degli ultimi due album della trilogia di Radio Gnome Invisible, gli allora pressoché sconosciuti Andy Summers, Stewart Copeland e Sting: è il trio storico dei Police che un anno e mezzo dopo pubblicherà il primo album, Outlandos d’Amour.   

Unending Ascending: un disco emozionante, ma anche deludente

Daevid Allen, dentro i Gong e fuori, da solista e con altre formazioni anche parallelamente all’attività con gli stessi Gong, ha proseguito una multiforme e caotica carriera artistica fino alla morte, a cui è seguita nel 2016 quella di Gilli Smyth. L’ho incontrato tre volte in Puglia, facendomi autografare la mia copia di Flying Teapot, tra il 2008 e il ’09, quando è venuto a suonare a Taranto prima con i Brainville 3, poi con gli University of Errors e finalmente, a Fasano in provincia di Brindisi, con i Gong. Era un tipo disponibile e affabile, come spesso mi è successo con i musicisti rock celebri della sua generazione, stralunato e autentico. Sarebbe felice, credo, di sapere che la sua realtà artistica meglio riuscita non solo gli sopravvive, ma prosegue con una certa brillantezza.

Unending Ascending merita d’essere osservato da due prospettive: come lavoro in sé e come prodotto d’un lascito artistico che, sebbene condiviso solo nell’ultima fase dagli attuali musicisti, ha rilevanza sia per loro che, soprattutto, per il pubblico. Chi lo ascolta per la prima volta può trovarlo un disco emozionante, a tratti ammaliante. Nel contesto della storia dei Gong, invece, se da un lato si apprezza lo sforzo di mantenere certi stilemi tra il magico e il cosmico, dall’altro non si può non rilevarne una certa stanchezza.

Dopo Rejoice! I’m Dead! del 2016, album tributo ad Allen con la presenza anche di Hillage e Malherbe, Torabi, nel successivo The Universe Also Collapses di tre anni dopo, annunciò il ritorno a una preponderante vena psichedelica a discapito delle divagazioni progressive e finanche jazz. Così fu in un’alternanza, non perfettamente a fuoco, di momenti brillanti con glissando di chitarra che rimandavano allo stile del fondatore, supportati dai fiati melodici di Ian East, e sezioni poco convincenti e ridondanti. Un buon album, complessivamente, a cui ne segue, a distanza di quattro anni, uno altrettanto buono, in genere piacevole da ascoltare, ma inevitabilmente deludente per chi pensa ai Gong di Radio Gnome Invisible con il loro confusionario umorismo.

C’è affiatamento, ma anche manierismo. Il suono è brillante, ma non innovativo. Le sezioni meditative inizialmente affabulano, ma dopo un po’ stancano. Il cantato, anche a quattro voci, è impeccabile, ma privo dell’originalità attrattiva della vocetta di Allen e dei sospiri erotici della Smyth. Insomma, il viaggio cosmico può essere a tratti avvincente per i neofiti, ma non sorprende più di tanto chi attraversa mentalmente l’universo da eoni. 

Il futuro dei Gong

In un panorama rock dove l’ottuagenario cantante d’un ex grande gruppo, tale Mick Jagger, millanta, non credo gratis, che la più grande rock band del momento è italiana (davvero? Chi?!?), ben vengano i neo Gong. In All Clocks Reset sembra quasi di sentire una sintesi tra il gruppo di Allen e quello di Moerlen (scomparso nel 2005 a cinquantadue anni). Se però si vuole guardare al futuro, occorre alzare l’asticella per dare il giusto valore a un nome così importante. 

Torabi, che non ha una Gilli Smyth di supporto né una vena buffonesca da cui ricavare risorse creative alla sola musica, deve puntare proprio su questa se vuol dare una fisionomia nuova ai Gong che risponda ai tempi e alle attitudini degli attuali componenti. Se da un lato diventa inutile fare dei paragoni con versioni dello stesso nome che erano, di fatto, gruppi completamente diversi, proprio per questo il distacco, acquisendo originalità, dev’essere completo e definitivo.

Unending Ascending, terza prova in studio dell’attuale line-up, può rappresentare in questo senso un ennesimo spartiacque nella complicata storia del gruppo. Occorre tuttavia avere ben chiaro che, nell’alternanza tra sonorità hard e ambient, ci sono strade già percorse in maniera sublime: dai Porcupine Tree negli anni Novanta, ad esempio. E che lo space rock, genere alquanto abusato, può funzionare soltanto se si evitano le derive kitsch più improbabili..

Le buone intenzioni sembrano esserci e i momenti godibili di Unending Ascending stanno lì a dimostrarlo. D’altro canto, se un titolo così dev’essere preso come un’intenzione proiettata nel futuro, è lecito aspettarsi di più e di meglio. 

Le capacità tecniche ci sono. Quelle creative, dove molto conta la percezione dell’imponderabile, definiranno la nuova vita dei Gong. Per il resto, vale sempre la massima programmatica di Daevid Allen: “È tutto troppo serio per prenderlo sul serio”. 

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Pietro Andrea Annicelli è nato il giorno in cui Paul McCartney, a San Francisco, fece ascoltare Sergeant Pepper’s ai Jefferson Airplane. S’interessa di storia del pop e del rock, ascolta buona musica, gli piacciono le cose curiose.

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