For Ever è il seguito di Jungle.
Hanno impiegato quattro anni i Jungle, collettivo londinese guidato da Tom McFarland e Josh Lloyd-Watson, per tornare a farsi sentire dopo il bell’esordio omonimo. For Ever rappresenta davvero il ‘difficile secondo album’ anche se la musica proposta cambia solo relativamente. Nel frattempo, i Jungle hanno messo in piedi live potenti e coinvolgenti. For Ever se ne giova, proponendo un suono ancora più compatto e scorrevole rispetto all’esordio.
La dance nostalgica dei Jungle
Rispetto a molti loro/nostri contemporanei che guardano soprattutto alle produzioni synth-pop anni ’80 per ispirarsi, i Jungle puntano dritti al decennio precedente. I primi brani di For Ever sono un manifesto di questa attitudine. Smile, Heavy California e Beat 54 (All Good Now) costituiscono un inizio eccellente per For Ever. L’ultima, in particolare, non può che rinviare alla colonna sonora di Saturday Night Fever, tutte percussioni tropicali, bassi fluidi e falsetto. La discesa nel funky della seconda metà del decennio è davvero vintage.
Novità in casa Jungle
Dopo l’inizio al fulmicotone, For Ever rallenta. Ci sono episodi più tranquilli come Cherry ma anche midtempo come Happy Man, pure molto buona. Verso la metà del disco i Jungle si ricordano che siamo negli anni ’00, anche da un po’ di tempo. Se si dovesse inquadrare questa seconda metà di For Ever bisognerebbe parlare di trip-hop e nu-soul, interpretati con personalità. In alcuni casi, come Cosurmyne, con un bel sample di piano, e (More and More) It Ain’t Easy (uno dei momenti migliori del disco), il risultato è ottimo.
For Ever un ritorno riuscito
Nel complesso For Ever rappresenta un passo avanti rispetto al precedente. I Jungle provano ad ampliare maggiormente il loro raggio d’azione, a tratti con grande profitto. Mentre con i brani più marcatamente vintage non possono che fare breccia in quanti hanno amato la rivoluzione disco considerandola non meno innovativa e interessante del punk coevo.
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