Dopo anni di onorata carriera, con Duck i Kaiser Chiefs hanno ancora qualcosa da dire.
I Kaiser Chiefs hanno raggiunto il successo nella prima decade degli anni ’00. Difficile non aver ascoltato brani come Ruby, Modern Way e I Predict A Riot. Nella seconda decade, tuttavia, sono discesi nell’anonimato, pur mantendo livelli accettabili. Classificati come indie al pari di tante altre band uscite contemporaneamente in UK (dai Franz Ferdinand ai più giovani Arctic Monkeys), in realtà i Kaiser Chiefs hanno prodotto soprattutto un pop-rock energico, senza troppe sfumature ma piacevole.
Un suono potente per i Kaiser Chiefs di Duck
Duck è il loro disco più recente. L’album è stato promosso da un concerto a Elland Road l’8 giugno 2019 per commemorare i 100 anni del Leeds United F.C., tanto per sottolineare il carattere ‘popolare’ della musica del quintetto. Diciamo subito che, pur non rivoluzionando un bel niente, Duck presenta una versione più vivace dei Kaiser Chiefs, soprattutto grazie a iniezioni di Northern Soul, evidenti nella prima parte del disco. Wait in particolare è il brano che li riporta alle glorie di un tempo, cominciando con un beat electro per poi esplodere. I fiati, ampiamente utilizzati qui come altrove, sono una chiave della buona forma ritrovata.
Qualche dubbio sulla produzione
Record Collection, scelta come singolo, ha un buon piglio dance ma non convince del tutto.
Nella seconda parte Duck rallenta un pochino, le canzoni si ricordano meno, però tutto sommato il disco si ascolta. Una produzione (affidata alla band insieme a Ben H. Allen e Andrew Wells) meno indulgente, qui come in passato, potrebbe aiutare: se i Kaiser Chiefs scegliessero un suono più semplice e tagliente potrebbero essere più efficaci. Ma almeno Duck dimostra che non sono una band finita.
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