Singing Saw: sospeso fra più mondi, eppure ben saldo sulle proprie gambe creative.

Quella cosa tentacolare che chiamiamo “la rete” ha i suoi vantaggi. Consente ad esempio di esplorare virtualmente una parte di Los Angeles – altra cosa tentacolare – chiamata Mount Washington che ha l’aria di campagna poco urbanizzata e con vista su montagne innevate, eppure sta a mezz’ora in auto dalla Walk Of Fame di Hollywood. E’ qui che Kevin Morby ha scritto le canzoni di Singing Saw e risulta spontaneo pensare che questo strano ambiente sospeso fra città e contado abbia contribuito a un bel salto di qualità per un artista fin qui inseribile nella categoria dei bravi ma senza il graffio vincente o lo strappo meravigliosamente perdente.
I maestri di Kevin Morby
Le canzoni del disco richiamano nomi importanti. Tanto per dire, l’iniziale Cut Me Down è Leonard Cohen con voce più studentesca e vento fresco alle spalle (anche i Tindersticks all’ora di colazione possono rendere l’idea). Subito dopo I Have Been To The Mountain è una ballata potente e spaziosa che convoca Townes Van Zandt per regalargli un poderoso coro gospel. Come nella bella opera prima del neozeolandese Marlon Wlliams, c’è qui un affascinante e quasi trasognato gioco di entrata e uscita dai generi, dai luoghi e persino dalle fasi della giornata, al punto che diversi momenti possono essere descritti come ‘notturni solari’.
Cosa si ascolta in Singing Saw
Il disco è magnifico nella prima parte, per poi normalizzarsi in modo comunque fantasioso e senza neppure troppo utilizzo del citazionismo affettuoso tipico di molti giovani e anche bravi colleghi (tipo The Tallest Man On Earth). Si percepiscono inoltre ulteriori margini di miglioramento che potrebbero far diventare Morby un punto di riferimento per la canzone d’autore contemporanea, di questi tempi un po’ svagata e forse definitivamente orfana del cosiddetto alt-folk.