KUUNATIC: dal Giappone con bizzarria
Che alcune fra le cose più eccitanti e meno convenzionali ascoltate negli ultimi anni escano dalla Glitterbeat non dovrebbe più stupire, tanto il loro catalogo è ricco di dischi che amano contaminare andando oltre i generi e sperimentare sonorità nelle quali musiche tradizionali incontrano le più diverse forme di musica contemporanea. Ed è quel che fanno le KUUNATIC trio tutto al femminile di Tokyo in questo loro sorprendente e brillante esordio intitolato Gate of Klüna. Il loro è un sound rutilante e vulcanico, energico e fantasioso. Sembra di non aver mai ascoltato nulla di simile e allo steso tempo di riconoscere influenze e citazioni ben note. Lo so il concetto è contraddittorio, ma si sa che la musica non risponde alla logica aristotelica.
Chi sono le KUUNATIC?
Fumie Kikuchi alle tastiere, Yuko Araki alla batteria e Shoko Yoshida al basso, ma ci sono anche strumenti della tradizione nipponica, come il flauto Kagura e diverse percussioni. Inoltre tutte e tre prestano la loro voce per i potenti e selvaggi canti che caratterizzano il disco con uno stile che mescola vocalità tradizionale alla no wave femminile di Raincoats e Slits. Altre volte le loro voci ipnotiche ricordano il tribalismo psichedelico degli svedesi Goat. Ma le influenze e le citazioni sono molteplici, come hanno dichiarato le stesse artiste: «Ci piace mescolare e sperimentare tutto ciò che abbiamo visto, sentito, sperimentato e pensato, non solo in Giappone ma altrove, per creare un mondo unico». E in effetti hanno collocato le loro storie in una personalissima cosmogonia immaginando di vivere sul pianeta Kuurandia del quale raccontano le turbolente vicende nei loro testi.
I pezzi di Gate of Klüna
Ma aldilà di queste eccentricità ciò che rimane è una musica vitalissima, eccitante, sorprendente. Il suono delle campane e il flauto creano un’atmosfera mistica abbagliante nell’iniziale Dewbox. Il tribalismo lisergico esplode in brani ipnotici e sinuosi come Desert Empress pt.1, il cui caotico e giocoso finale ricorda le bizzarrie dei Pascals. Ma attenzione perché la pt. 2 diventa geometrica e pesante da far venire in mente i Magma, altri creatori di mondi fantastici. Full Moon Spree è un sardonico sberleffo no wave, fra Lydia Lunch e le Slits mentre in Titiàn sono evidenti le influenze dei salmodianti canti buddisti, molto belli sia il flauto che le tastiere nel finale. Si ricorre alla lingua hawaiana in Lava Naksh per i mantra ossessivi intonati per scongiurare un’eruzione vulcanica. L’atmosfera si fa rimbombante e cupa in Raven’s War, mentre la conclusiva Para Bennyà esalta il canto tribale all’unisono delle tre KUUNATIC e il profluvio rituale delle percussioni. Ipnotico, tribale, bizzarro, in bilico fra passato e futuro, Gate of Klüna, prodotto da Tim DeWitt dei Gang Gang Dance, è uno splendido fantasmagorico viaggio lisergico.
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