Marco Sonaglia - Ballate dalla grande recessione

Ballate dalla grande recessione: Marco Sonaglia aggiorna la canzone d’autore italiana

Esiste ancora la canzone d’impegno? Alla domanda risponde con assoluta puntualità Marco Sonaglia, giunto con Ballate dalla grande recessione (Vreclabel) al suo terzo album, e l’ascolto conferma quanto il concetto di ucronia ammanti queste canzoni in maniera totalizzante.

Il disco infatti ha tutto il sapore della tipica canzone politica matrice anni’70, tra Claudio Lolli e compagni (in senso polisemico, e il Lolli viene apertamene citato) , anni che oggi appaiono lontani se non lontanissimi… Si rifletta su come anche il concetto di protesta oggi stia assumendo contorni manipolati e manipolabili e dove il manicheismo delle lotte anticipate da un Pasolini profetico sia oggi limitato in quello che Bennato definì “Buoni e Cattivi”.

Ecco quindi che Sonaglia, su testi del poeta Salvo Lo Galbo, anziché rivolgersi attraverso canoni ruffiani ad un pubblico inudente, propone la sua formula mantenendo  intatti suoni, atmosfere e “messaggi” per certe e non poche orecchie ancora importanti.

Le storie raccontate da Ballate dalla grande depressione

Dieci sono i brani in scaletta di cui ben otto hanno un titolo che inizia con “ballata”. A far da incipit il singolo Primavera a Lesbo programmatico di tutto il lavoro e dedicato ad una tragedia in un campo profughi in Grecia dove morì bruciata una bambina, in chiusura La Mia Classe, amara riflessione di una generazione che qualcuno disse che aveva perso… In mezzo si notino La Ballata dello Zero dedicata a Mimmo Lucano e a una stoccata che così lo definì fatta da qualcuno a cui nessuno dedicherà neppure un jingle, La ballata per Cuba con le sue suggestioni davvero figlie di un passato mai passato, le incursioni elettriche di Ballata per Stefano (ovvero il tremendo caso Cucchi) e la gaberiana Ballata dell’Articolo 18. In ogni caso tutte le protest songs (queste sì che lo son davvero e inedite…) dell’album meritano attenzione.

A tratti parente prossimo di un folk con discese apocalittiche, figlio di una controcultura che sarebbe sciocco definire fuori tempo massimo, Sonaglia compie un lavoro di sintesi e contemporanea restituzione di una realtà che trova forse solo in certo cinema altrettanta capacità evocativa.

La composizione letteraria è di chiara matrice filosofica e ben si sposa alle musiche che non nascondono ispirazioni alte e che forse solo nel lavoro dei Gang, per citare gli ultimi combat rocker insieme ai Modena City Ramblers, possono trovare similitudini ma in una ottica sonora assolutamente fengshui. Le musiche agiscono per sottrazione dal vacuo  ed efficacia impressionista, perfette tinteggiature essenziali per parole spesso feroci. E che Sonaglia sia insegnante di musica si sente eccome e un po’ si invidiano i fortunati studenti che attraverso il maestro esploreranno molto più che le sette note.

Ammantato di una malinconia più del tempo che verrà che del tempo che fu e acuta osservazione di un presente sadiano, Ballate dalla Grande Recessione merita di essere ascoltato specie da chi ancora spera e non dispera qualcosa cambierà e ha le palle di sentirselo cantare.

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Collaboratore per testate storiche (Rockerilla, Rumore, Blow Up) è detestato dai musicisti che recensisce e dai critici che non sono d'accordo con lui e che , invece, i musicisti adorano.

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