Funeral: un progetto “laterale” per Lil Wayne.
Tornato al top della forma con Tha Carter V, Lil Wayne torna dopo soltanto un anno e mezzo con Funeral. In effetti di questo progetto parlava già dal 2016 dunque doveva avere già molto materiale pronto, ma comunque è bello, per chi ne ha seguito la carriera dagli esordi agli ultimi anni non sempre facili, vederlo tornare così super attivo. Va anche detto che, stando alle sue stesse dichiarazioni, la serie dei “Carters” è quella che considera più importante, dove dà vita ai progetti più compositi e studiati. Diciamo i veri album di studio. Però Lil Wayne senza rap non sa stare, dunque progetta collaterali e mixtape abbondano.
Una partenza da “best rapper alive”
E tuttavia, l’inizio di questo Funeral lascia a bocca aperta. Non è tanto la lenta introduzione che porta il titolo dell’album a colpire, quanto la sequenza successiva. Mahogany spiega per chi non lo sapesse coma mai l’autoproclamazione di “best rapper alive” non è poi tanto lontana dal vero. Wayne è una macchina ritmica sulla base eccellente di Mannie Fresh (che firma anche un altro bel momento, Piano Trap), e senza bisogno di hook (il pezzo praticamente è composto solo di versi) insieme compongono un pezzo strabiliante. I Do It con Big Sean e Lil Baby è un’altra perla: l’altro Lil ci teneva, a quanto dicono le interviste, a registrare in studio con Wayne “come ai vecchi tempi”, invece di inviarsi le parti; il risultato gli dà ragione, perché l’alchimia fra i tre è perfetta.
Gli stili di Lil Wayne su Funeral
Nel corso di Funeral, Lil Wayne percorre molti stili differenti. C’è sicuramente un aggiornamento dei suoni, fra atmosfere trap e autotune, ma non è neppure niente a cui non ci abbia già abituati, quindi il disco finisce per sembrare un campionario dei suoi stili, anche come rapper, e certamente per quanto riguarda i beats, che si devono a troppi nomi differenti perché il tutto abbia un filo conduttore. A volte questo aggiornamento funziona bene, come per I Dream, altro momento forte di Funeral, altrove un po’ meno. Il che è pure ovvio visto che il disco contiene 24 tracce.
Qualche momento di troppo
Anche dal punto di vista dei testi, soprattutto rispetto a Tha Carter V, Funeral è molto meno coerente. Lil Wayne sembra più interessato a libere associazioni di rime che non a costruire delle storie. I momenti intimi ch’erano una costante del disco precedente qui si vedono di rado: per esempio nella bella ballata Harden, dedicata all’impossibilità di una relazione. Ma tanto per non smentire le sue stranezze, Wayne la intitola con il nome del cestista James Harden solo perché nel chorus dice “I feel like James Harden, you blocked my jumper, goddamn”. Ci sono anche diverse tracce che suonano più come roba da mixtape e altre delle quali avremmo fatto a meno, come la orrenda collaborazione con il cantante dei Maroon 5 Adam Levine su Trust Nobody. Un giorno qualcuno dovrà studiare perché tanti rapper sentono il bisogno di far cantare star del pop insignificanti (Ed Sheeran?) nelle loro canzoni.
Il giudizio finale
Tutto considerato, non è facile dare un giudizio complessivo su questo Funeral così discontinuo. Certo, rispetto a un disco semplicemente “carino”, preferisco ascoltare le quattro o cinque canzoni esaltanti e le altrettante buone di Funeral, che peraltro avrebbero potuto costituire un normale LP di dieci canzoni. Ma questo è Lil Wayne, prendere o lasciare, e io certamente prendo.
Be the first to leave a review.