Luke Haines Smash The System RecensioneCherry Red - 2016
Luke Haines Smash The System Recensione
Cherry Red Records – 2016

Borioso, bilioso, invidioso, rancoroso, (un po’) sovrappeso. In teoria Luke Haines è meglio perderlo che trovarlo. Forse anche in pratica, se uno abita dalle sue parti. Oppure se è stato menzionato nel suo libro Bad Vibes: Britpop And My Part In Its Downfall (si noti la quasi impercettibile sicumera).

Però, a distanza di sicurezza e con soltanto la sua discografia con cui rapportarsi, il discorso cambia. Luke Haines è un classico esempio di professore pazzo del rock, un grande isolato come Paul Roland (a cui vocalmente somiglia sempre più, tra l’altro), Robin Hitchcock o Euros Childs. Il nuovo album Smash The System lo dimostra ancora una volta.

Luke Haines era il nevrotico del brit-pop…

Haines è stato per il brit-pop quello che Adrian Borland (dei Sound) fu per la new wave: il ragazzo anti-immagine di un certo suono. Solo che il povero Borland venne travolto dalla depressione e da  un treno della metropolitana di Londra. Per contro, Haines reagì al modesto successo degli Auteurs (autori di un disco capolavoro quale l’opera prima New Wave) creandosi un’immagine di polemista amante  delle uscite ad effetto. Fra queste citiamo la scelta di chiamare un gruppo, e un disco, Baader Meinhof. Poteva essere una boutade di cattivo gusto. Invece quei ritratti di “ragazzi ricchi e armati”, affascinati forse più dalla morte che dalla rivoluzione, creano un lavoro magnifico e scomodo, suadente e urticante. Oltreché geniale nel fondere storia degli anni ’70 e flash di  vita privata.

Smash The System dice che non è cambiato…

Anche nelle opere a proprio nome, sovente a tema, Haines ha continuato a essere magnificamente energico nel suo poetico livore contro tutto e tutti. Smash The System è, a detta del suo autore, il primo album non-concept da diversi anni a questa parte. In realtà lo si può definire il disco degli affetti, anzi delle dichiarazioni di affetto. Sono dichiarazioni rivolte a emarginati o figure dai contorni oscuri e avvolte in un alone di ritualità magica, quasi li si volesse mitizzare in chiave esoterica. Con accompagnamento di improbabili morris-dancers anti-sistema.

E a noi va bene così

Giusto per dare l’idea, il primo pezzo s’intitola Ulrike Meinhof’s Brain Is Missing (il cervello della terrorista tedesca è effettivamente sparito da un laboratorio di ricerca). Poi Bruce Lee, Roman Polanski And Me. Poi l’esplicito tributo Marc Bolan Blues, che sembra proprio un pezzo (bello) dei T. Rex. Poi la filastrocca puntigliosamente biografica The Incredible String Band: “Mike e Robin, Rose e Likkie/ E c’erano anche Malcom e Clive se si vuole essere precisi”. Ah, in un pezzo viene citato pure il brit-rocker anni ’50 bello e maledetto Vince Taylor. E la title-track menziona Davy Jones. Quello dei Monkees.

Curioso a dirsi, in tanto (piacevole) citazionismo il momento migliore è però Leather Jacket, efficace istantanea in bianco e nero di un anonimo punk anni ’70 che indossa il suo bomber nuovo prima di uscire di casa un sabato pomeriggio qualsiasi.

Il suono è caratterizzato, come da qualche tempo a questa parte, da synth variamente vintage e stranamente umani, forse perché associati a una voce rasposa, poco duttile eppure tanto espressiva. Adorabile persino il vocoder in stile Daft Punk dei poveri.  C’è anche una componente psichedelica, che gioca a mischiare referenti così passatisti dando loro un suggestivo connotato atemporale. E rendendo l’insieme meno nevrastenico. Si vorrebbe ascoltare più gente come Luke Haines, uno che certo spara a salve ma arriva al cuore. Ed è perfetto così. Borioso, bilioso, invidioso, rancoroso, (un po’) sovrappeso.

Luke Haines - Smash The System
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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