Mauro Ermanno Giovanardi, per me, resterà sempre e solo Joe e lui sa perché. Accade ora che il nostro decida di farsi scopritore di, oddio, talenti (la parola è ormai legata a eventi tv…) e faccia esordire, con l’etichetta Parola Cantata Dischi (un manifesto programmatico), il grande Martinelli.
Spertico su Martinelli perché non fa assolutamente niente per essere piacevole all’ascolto, non disturba con assurde fioriture tonali, non fa il bel canto, non parla d’amore e cuore ma, semmai, quando occorre, urla senza strepitare le sue parole che sono così contemporanee e, al tempo stesso, antiche e futuribili.
Martinelli: un esordio che lascia il segno. Profondo
Il rosso cantautore (ecco, l’ho detto) ha messo insieme un freak show sonoro di personaggi che ci circondano, qualcuno lo vediamo anche allo specchio, e gli ha dato vita vestendoli di umori che passano dal classico, al country barricadero, al tex mex, sino all’elettronica giocosa e sgangherata. Un esordio spaventoso, nel senso che gli inglesi danno a “terrific”: Martinelli non può non evocare una lista di nomi che prendono la pancia: Piero Ciampi, Mauro Pelosi (cercarselo se obliato), il Dalla sino a Roversi ma non oltre, il Rino Gaetano non quello di Gianna ma quello prima, Capossela quando non si parlava addosso, Enzo Jannacci negli anni’ 70 e persino il Paolo Conte prima di diventare icona, a suo dire, snob.
Martinelli è sboccato e consapevole, crudele e artaudiano, orgiastico in modalità intestinale, sofferente ma senza richiesta di altrui pietas. Basta quella che traspare dalla voce, non so quanto volontariamente pasoliniana.
Martinelli – Sottoponziopilato è un disco di poco tatto e grande gusto
Undici canzoni, nessuna esclusa, musicalmente originalissime, impossibile pensarlo a San Remo (scusa Joe…), il che è, per qualcuno, tutto dire. Dove fosse nascosto non è dato di sapere, certo che l’artista ha perfettamente compreso che “trattasi di canzonette”, ma di quelle che non ne puoi più fare a meno. Gli si perdoni la mancanza di tatto, gli si riconoscono l’unicità di gusto.
E poi, citando Kurt Vonnegut in Sudato E Felice, mi ha, definitivamente, fottuto.
Be the first to leave a review.