I Simple Minds staccano la spina e si propongono in versione acustica. Il risultato è un disco in cui la band di Glasgow, capitanata dal leader storico Jim Kerr, riesce a stravolgere i propri brani più famosi pur rispettandone la struttura originaria.
Simple Minds: una storia iniziata nel 1977
Ripercorrere le tappe di una carriera così lunga e che ha segnato la storia della new wave è un’impresa ardua. Siamo di fronte a un gruppo che insieme a pochi altri ha cambiato il modo di fare (e essere) “rock”.
Alla fine degli anni ’70 Jim Kerr e il chitarrista Charlie Burchill decidono di fondare i Simple Minds. I due avevano già militato per un paio di anni nelle file del post punk. Il nome merita una spiegazione in quanto viene scelto traendo spunto da The Jean Genie di David Bowie (“he’s so simple- minded, he can’t drive his module”).
La consacrazione internazionale arriva nel 1982 con un album che , ancora oggi, è considerato uno dei simboli degli anni ’80. Stiamo parlando di New Gold Dream (81-82-83-84) e di una manciata di capolavori che lo hanno reso celebre: Someone, Somewhere In Summertime, Promised You A Miracle e la title-track. Il successo planetario continua, con Sparkle In The Rain e Street Fighting Years , fino a metà anni ’90.
Da qui la mastodontica macchina da guerra che sembrava non perdere un colpo inizia ad accusare, forse fisiologicamente, l’età. I Simple Minds non ritrovano più la collocazione conquistata nei favolosi eighties. I nuovi dischi non lasciano tracce significative, ma il ricordo di ciò che è stato non si cancella più. La band è entrata nella storia del rock.
I Simple Minds Acustici: un ossimoro
I padroni assoluti dei sintetizzatori in versione acustica proprio non ce li aspettavamo.
Riascoltare i brani di cui sopra senza l’aura che li ha contraddistinti fa uno strano effetto. Nel complesso Acoustic è un disco riuscito. Un “acustico” decisamente sui generis dove le percussioni picchiano duro, e l’energia originale è ancora presente. Con i Simple Minds si continua a ballare. La voce di Kerr è ancora perfetta e gli arrangiamenti adottati per la rivisitazione sono assolutamente azzeccati.
Encomiabile la voglia del gruppo di reinventarsi anziché proporre un più rassicurante greatest hits. Certo stiamo parlando di canzoni fortemente strutturate in un contesto preciso e riascoltarle in questa nuova veste crea un inevitabile senso di spaesamento. Alcuni brani rendono meglio: New Gold Dream funziona benissimo e la nuova versione è più che apprezzabile grazie a un contributo di bassi e percussioni azzeccato. Atri momenti particolarmente accattivanti si ritrovano in Promised You A Miracle con K.T.Tunstall, The American e nella stupenda Glittering Prize. Siamo di fronte a un ritorno alla ribalta, magari in tono minore, ma decisamente di buon livello.
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