Massimiliano Larocca – dáimōn

Il ritorno di Massimiliano Larocca si intitola dáimōn.

Sembra ieri ma sono già passati quattro anni dalla pubblicazione del precedente disco di Massimiliano Larocca, Exit | Enfer. Nel mezzo una pandemia che, tra le altre conseguenze, ha spesso “disumanizzato” ancora di più la vita nelle città, alla faccia del mantra “Ne usciremo migliori” che tanto abbiamo sentito ripetere in quei lunghi giorni. E per un cantore della difficoltà del vivere nelle disumanizzate città di oggi come Larocca tutto questo non poteva non avere conseguenze.

Un grido di dolore

Così il brano di esordio, Non Saremo Più Gli Stessi, finisce con l’essere qualcosa che sta a metà tra il grido di dolore e il manifesto programmatico mentre il senso di straniamento si accentua ulteriormente nella successiva La Banlieu, dove tra l’altro l’autore e interprete esibisce nel refrain una perfetta pronuncia francese, coadiuvato dal delicato controcanto di Federica Ottombrino. Combinazione che si ripete anche nella successiva Fatale, scritta insieme con l’amica e collega Giulia Millanta abbinando l’inglese delle strofe con l’italiano del ritornello. Ma il vero e proprio nucleo del disco è costituito a nostro avviso dai tre brani centrali: Leviatano, The Love Of The Senses (anche questa cantata in inglese e scritta insieme a Hugo Race) e L’Abbandono. Nella prima il mostro biblico rappresenta un qualcosa che si attende certo con paura, ma anche con la speranza che porti una rigenerazione, e che comunque è anche già in parte dentro di noi: il tutto accentuato da un accompagnamento musicale ritmicamente ossessivo. Nella successiva The Love Of The Senses l’atmosfera musicale si “addolcisce” notevolmente mentre il testo canta la necessità di abbandonarsi a un qualcosa che viene da dentro di noi e ci invita ad ascoltare i nostri sensi: “It’s running through / our defences / It’s running away / the love of the senses”.

Il significato del dáimōn di Massimiliano Larocca.

E non è un caso che la successiva L’Abbandono esordisca con una delicatissima intro di chitarra acustica su un altrettanto delicato tappeto di archi ed elettronica e canti il desiderio di lasciarsi andare ad un qualcosa di “superiore”: forse proprio quel non meglio identificato dáimōn che dà il titolo al disco. Si tratta comunque di un abbandonarsi ad occhi aperti, mantenendo una coscienza vigile e aperta al cambiamento, come si canta nella successiva Nessun Perduto Amore: “I don’t wanna close my eyes / I’m just searching for the light / come and take me by surprise”.

Collaboratori di eccellenza

Il disco conferma la raggiunta maturità espressiva della scrittura “poetica” di Larocca, capace di esprimersi con la stessa efficacia sia in italiano che in inglese, e si avvale dell’apporto di tutta una serie di musicisti di prim’ordine. Manca lo spazio per nominarli tutti; ci limitiamo a citare – e non ce ne vogliano gli altri – le chitarre di Antonio Gramentieri, la sezione ritmica di Roberto Villa (basso) e Diego Sapignoli (batteria e percussioni) e gli archi di Emma Pia Castriota (violino) e Alice Chiari (violoncello). Disco da ascoltare con attenzione, magari in cuffia per apprezzare ancora meglio la raffinatezza della produzione di Hugo Race, che ci mette anche voce, chitarra e tastiere e che arrangia insieme con Nicola Baronti, a sua volta direttamente impegnato al synth e alle tastiere. I due riescono a tessere un tappeto sonoro che fonde a meraviglia strumenti “tradizionali” con una sobria elettronica piuttosto vintage, cornice ideale per esaltare la voce profonda e calda di Larocca.

Massimiliano Larocca – dáimōn
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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