La quasi-normalizzazione dei Meat Puppets, i freaks del deserto.

Tornano su disco dopo sei anni i leggendari Meat Puppets dei fratelli Curt e Cris Kirkwood, genialoidi freaks provenienti dal deserto dell’Arizona. A partire dal 1981 le “bambole di carne” incisero alcuni dischi memorabili per singolarità all’interno dell’hardcore punk americano dell’epoca (solo i Minutemen potevano competere con loro, in quanto a originalità). Li si poteva descrivere come un’acida miscela di hardcore punk, hillbilly, psichedelia alla Grateful Dead, country alla Neil Young, pop. Insomma una vera e propria follia che fece spalancare gli occhi e le orecchie dei punk-rockers meno ortodossi e influenzò fortemente gli anni ’90. Non per nulla i Nirvana li ospitarono nel loro Unplugged.
Ben poca “abrasività” e genialità di quei Meat Puppets è rimasta in Dusty Notes. Quasi tutto il disco è composto da canzoni country-rock più o meno desertico piuttosto “tradizionali”, con bellissimi intrecci vocali alla Byrds, per quanto a volte con testi che sembrano scritti “da qualche parte nel deserto dove i funghi crescono blu e alti” (ah ah). D’altronde i fratelli Kirkwood veleggiano verso i 60 anni, e il tempo ha molto diluito la folle energia che li rese unici. Fanno eccezione, convincendo maggiormente, alcuni pezzi:
Le canzoni migliori di Dusty Notes
UNFROZEN MEMORY potrebbe uscire da un disco di Seattle negli anni ’90, la chitarra ruggisce, venata da un curioso clavicembalo (!).
THE GREAT AWAKENING sembrano i Byrds che fanno una cover dei primi Genesis (rendo l’idea?). Una affascinante ballata quasi prog.
VAMPYRE’S WINGED FANTASY inizia con un rilassato piano elettrico per poi esplodere in una aggressiva cavalcata rock con chitarre distorte, organo Hammond, assolo psichedelico. Anche qui melodie curiosamente molto anni ’70…
La finale OUTFLOW è talmente “classica” che sembra un traditional uscito da Sweetheart of the Rodeo dei Byrds o Workingman’s Dead dei Grateful Dead , anche se il ritornello dice “Lasciate che le stelle si sciolgano, lasciate che le rocce rotolino indietro fino alla cima della montagna, fino all’inizio del tempo” (?!).
Sono passati ben 35 anni da Meat Puppets II (a mio parere il loro capolavoro seminale; andate a risentirlo) e in effetti Dusty Notes sembra suonato dai padri pensionati di quei Meat Puppets: non ci sono più quelle energie, quelle follie, quelle allucinazioni. Forse neanche quei deserti.
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