Emotional Eternal è il disco della ritrovata serenità per Melody’s Echo Chamber
Solo tre album in dieci anni e quattro dal precedente Bon Voyage per la francese Melody Prochet, animo tormentato ed esistenza non priva di traversie, come l’incidente che le ha procurato un aneurisma celebrale e varie fratture. Ma ora il passato sembra esserselo lasciato alle spalle e, dopo due anni di stop, ha ripreso a fare musica. Ritornata dall’Australia dopo la fine della sua relazione con Kevin Parker dei Tame Impala (anche produttore del suo disco d’esordio), è andata a vivere sulle Alpi, dove ha ritrovato serenità grazie anche alla nascita della sua prima figlia. A quest’ultima è dedicato infatti Emotional Eternal (Domino) e in particolare la canzone che chiude il disco, Alma_The Voyager. Questa nuova situazione psicologica si riflette lungo tutto il lavoro, che in confronto alle asperità dei precedenti è più arioso, cristallino. Si respira un’atmosfera più morbida, rilassata, potremmo dire che siamo di fronte all’alter ego del tormentato Bon Voyage.
Musicisti e situazioni sonore di Emotional Eternal
Non cambiano però i collaboratori. Alla produzione ci sono i due svedesi Fredrik Swahn degli Amazing e Reine Fiske dei Dungen – che hanno anche collaborato alla scrittura di tutti i brani – e membri delle due band citate hanno partecipato alle registrazioni. Il disco ritrova un equilibrio stilistico e una linearità che in parte mancava in Bon Voyage: melodie limpide, gusto rètro, atmosfere dream pop e folk si colorano di sfumature psichedeliche, di influenze etniche. Il risultato è molto gradevole, l’alternanza di francese e inglese rende il canto di Melody sensuale e avvolgente, a tratti diafano, come nella leggiadria ambigua di The Hypnotist o nella luminosa e sognante Personal Message, in cui si esplicita l’invito a una visione più rosea della vita.
Il talento di Melody’s Echo Chamber
Ma due brani spiccano sugli altri nei poco più dei trenta minuti del disco: innanzitutto Pyramids In The Clouds, per il suo bellissimo e ricco arrangiamento che punta su elementi etnici come l’iniziale sitar e una chitarra elettrica debitrice della psichedelia turca, e poi il già citato Alma_The Voyage per la sua limpida e celestiale melodia accompagnata da un susseguirsi di suoni – il piano, gli archi, il flauto – che creano atmosfere di intensa intimità e dolcezza. La brillantezza ritmica della title track, il groove di Looking Backward, le melodie sognanti di Where The Water Clears The Illusion, il pop deboluccio di A Slow Dawning Of Peace chiudono un disco che si fa apprezzare per eleganza, raffinatezza e intelligenza e che conferma il talento della deliziosa Melody Prochet.
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