Terzo album per gli australiani con tante chitarre Rolling Blackouts C.F.
Quanto sono belle le chitarre dei Rolling Blackouts C.F., quanto è godibile il loro flusso suadente-coinvolgente. E chi ascolta Endless Rooms (Sub Pop) non può che imbracciare l’air guitar e unirsi a quel flusso.
Te li immagineresti giovanotti psichedelici i cinque di Melbourne. Invece a guardarli fanno pensare a insegnanti da quartieri difficili oppure ad attivisti da indefessa raccolta firme. Di certo non sono trasgressivi come pare si debba essere – almeno secondo una nota band italiana – per ridare vitalità all’affaticato rock. I RBCF scelgono di farlo in modo strutturato e serio spiegando, come prima di loro Byrds e R.E.M., che le sei corde elettriche possono fare prodigi trasognando e non solo svisando. A ciò aggiungono un’ineffabile specificità australiana secondo la quale un disco intitolato Infinite Stanze – in teoria evocatore di claustrofobie – suona spazioso e arioso come lunghe strade in mezzo a un nulla senza alberi. Che, laggiù, è un’altra idea di claustrofobia: ci fu un tempo in cui certe prigioni australiane non avevano muri o fili spinati: scappare era facile salvo poi morire in pochi giorni di sete o di serpenti.
Le novità di Endless Rooms
Rispetto a Hope Downs e Sideways to New Italy si può dire che Endless Rooms sceglie un approccio un po’ più spettacolare tramite un pop lineare ma incalzante che, per restare agli antipodi, fa riferimento ai Church ma anche ai più mainstream Midnight Oil del cantante-poi-ministro Peter Garrett (altra prova che gli australiani sono davvero gente altrove).
Se un difetto si può trovare a un disco assai coinvolgente (e con testi in cui balena più volte una sensibilità ambientalista) è quello di suonare troppo tutto d’un pezzo e di perdere il filo melodico quando il passo rallenta. Tutta la prima parte risulta subito di una bellezza commovente (in particolare My Echo e Caught Low), mentre il resto del programma si lascia apprezzare solo dopo qualche ascolto, restando però più introverso e, qua e là, più involuto.
Ciò detto la sensazione è quella di un gruppo in lenta, e tuttavia costante, evoluzione. Un gruppo che ama quello che fa e riesce a trasmettere la propria passione a chi ascolta. E vai di nuovo con l’air guitar.
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