Anga Vale: nuovo disco per i Midnight Scavengers.

Sono appena al secondo disco, Anga Vale, gli australiani Midnight Scavengers. In realtà quell’”appena” potrebbe benissimo diventare un “già”, visto che il secondo arriva a solo un anno di distanza dall’uscita del primo. Ma non si pensi a dei quasi-esordienti sulle scene. I vari membri del gruppo hanno alle spalle anni di militanza in altri gruppi e una dura quanto qualificata gavetta che li ha visti far da apertura ai concerti di molti “grandi”. Primi fra tutti i loro compatrioti Nick Cave e Hugo Race. Influenze che in sottofondo si sentono.
I Midnight Scavengers partono da Berlino
E, come per questi ultimi, galeotta fu Berlino dove i due co-leader Johanna Brockman e Dimitri Kucharzewski (l’unico non australiano di origine) si sono incontrati nel 2011 e hanno dato vita al primo nucleo della band. Questa si è poi completata nel corso degli anni fino a raggiungere l’attuale dimensione del quintetto. Jeff Hooker al basso, Tim O’Shannassy alla batteria e Andrew Watson al violino e alla chitarra.
Il disco contiene nove canzoni originali più due cover (Loverslain e Swampland, entrambe dovute a band capitanate da Kim Salmon) e una rivisitazione di una poesia di Yeats (The song of the wandering Aengus). Quest’ultima è inizialmente recitata su accompagnamento per poi trasformarsi via via in canzone vera e propria.
Anga Vale: un titolo da spiegare
Il primo elemento di curiosità e interesse viene però forse dal titolo. Anga Vale è infatti l’anagramma, tra l’omaggio e il divertissement enigmistico, di Alan Vega. E dal rocker “maledetto” degli anni ’80 i Midnight Scavengers hanno preso in parte la durezza delle tematiche dei loro testi, rivestendoli però di un tessuto musicale relativamente più “morbido” e articolato. Non a caso uno dei pezzi forti del disco, The Golden Age of Rage, tiene fede al suo titolo raccontando uno stupro e le sue conseguenze. Un “sacrifice of your flesh” che diventa “sacrifice of your soul” e dove la parola “flesh” diventa una sorta di filo rosso ossessivamente ripetuto nel martellante finale.
La musica dei Midnight Scavengers
Il disco è una avvincente alternanza di rabbia e lirismo, in cui i riff “violenti” delle chitarre di Johanna Brockman e Andrew Watson si stemperano a volte in fraseggi assai più “tranquilli” per riprendere poi il loro andamento. E il piano elettrico di Kucharzewski spesso sorprende nei suoi inaspettati passaggi da una ossessiva e ossessionante percussività a stacchi melodici accennati con delicatezza. Lo stesso Kucharzewski si fa generalmente carico delle parti vocali, lasciando talvolta la scena a Johanna Brockman. Soprattutto nei pezzi che hanno andamento più “lirico” – come All’s Said And Done – e nei quali spesso anche Watson ritaglia un ruolo al suo violino.
Ma c’è da dire che i momenti migliori del disco – e non sono pochi – sono forse quelli nei quali le due voci si intersecano e si fondono in un modo che non è semplicemente un rapporto tra lead e backing vocals. E che – almeno a chi scrive – ricorda molto l’analogo rapporto tra le voci di Chris Eckman e di Carla Torgerson nei momenti migliori degli Walkabouts. Non so come prenderanno questo paragone – se mai leggeranno queste righe – ma sia chiaro che per chi lo fa è un gran bel complimento.
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