Möbius Strip - Time Lag

Musica oltre le classificazioni: Möbius Strip – Time Lag.

Io sono inclassificabile e quindi mi posso permettere anche qualche digressione dalle mie solite comfort zones aurali come e quando voglio… E con questo simpatico come una merda in tasca incipit vado a presentare Time Lag (Alt Rock / Ma.Ra.Cash), la seconda opera del combo Möbius Strip, quartetto d’eccezione ed eccezionale che già ebbi modo di glorificare nel, guarda un po’, ottobre 2017  su questi schermi e che ritorna oggi con ancor più sapienza e maestria ad allietarmi cuor et soul. Su Tomtomrock non si scrive spesso di jazz e tantomeno io, rispetto al ben noto DDT, posso ammantarmi di essere un esegeta del genere, ma questo mi pone in condizione di un ascolto semivergine che credo mi consenta di esprimere giudizi privi di pregiudizi , cosa rara nella stampa di questi tempi.

Un quartetto d’eccezione

Come si scriveva, il quartetto, Lorenzo Cellupica, Nico Fabrizi, Eros Capoccitti, Davide Rufo, in una prospettiva totalmente libera di composizione e, al tempo stesso, foriero di un rigore esecutivo che van ben oltre la loro età anagrafica, non ha dormito sugli allori e si è preso il giusto tempo per realizzare questo Time Lag dal titolo fortemente evocativo che, al sottoscritto, ha ricordato quel Jet Lag della PFM che presentò la band in spolvero jazz rock e fu, ai tempi, stroncato e non compreso.

Le composizioni di Möbius Strip – Time Lag

Time Lag apre con Chand Baori, a firma del sassofonista Fabrizi, un tema classico che vede, però, virare le sue coordinate su territori latin, ma anche su liquidità Jarrettiane, con un compendio ritmico rigoroso e geometricamente perfetto. Prosegue con Iblis’Hydris dove si affacciano le loro già note passioni canterburiane e dove la mappa sonora spazia dal jazz più iconico a africanismi alla Fela Kuti, gran lavoro di fiati e le dita del maestro Cellupica alle tastiere paiono moltiplicarsi.

Mateka’s Speech, composizione del dotto bassista Capocitti, riporta su territori  Brass Band di New Orleans, attraversando il Coltrane che viaggia su binari funky e ricordando come gli Area intendevano il groove. Una prima classe emerge e guarda verso confini ultra e oltre europei. Sottolineo come, quando nei suoni entra l’hammond, si sia immediatamente proiettati in un futuro remoto poiché non è al passato che si continua a guardare.

 

Old Tapestry si appoggia su una bizzarra circolarità, forse proprio la Möbius Strip a cui i ragazzi hanno affidato il proprio moniker, musica quantistica che non teme confronti, ottime prog/ressioni e un costante mantenimento di livello di attenzione da parte dell’ascoltatore che non è cosa da poco.

Möbius Cube si adonta di classicismo tardo romantico. L’intro è già sui pentagrammi di allievi dalle piccole mani che apprendono la seduzione del pianoforte attraverso severi maestri, il sax lancina le sue invocazioni, il nastro si è fatto cubo per definire nuovi paradigmi della sua infinitezza che si è resa morbidamente spigolosa. Quando nel tema si affacciano le corde siamo entrati nell’ipercubo, non si sta poi tanto male.

Möbius Strip chiudono in bellezza Time Lag

La pleonastica chiusura affidata a A Theme For The End provoca un dissesto al nostro modo di intendere i tempi in musica, pare di essere nel Centipede di eoni fa. L’uso che viene fatto delle voci è assolutamente sinergico ed integrato alla composizione, inedito per gli italici stilemi, persino liturgico e privo dell’irritabilità che sovente il bel canto jazz mi provoca. Le mani di Cellupica, autore di 4 brani su 6 rischiano di uscire dalle casse acustiche cercando altri tasti. Il lavoro dei Möbius è un’acronia desiderabile, quello che vorremmo sentire dalle radio se non vigesse l’imperium shittum commerciale che ce le fa tenere spente. Lunga vita e prosperità cari Moebi.

Möbius Strip - Time Lag
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Collaboratore per testate storiche (Rockerilla, Rumore, Blow Up) è detestato dai musicisti che recensisce e dai critici che non sono d'accordo con lui e che , invece, i musicisti adorano.

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