La Idiot Prayer solitaria di Nick Cave.

Tomtomrock torna a parlare di un album di Nick Cave dopo le polemiche suscitate dalla poco positiva recensione di Ghosteen (anche se va ricordato che il precedente Skeleton Tree ebbe un voto altissimo). Come tutti sanno, e come il sottotitolo spiega, Idiot Prayer è testimonianza di un’esibizione in solitudine, senza Bad Seeds e senza spettatori, all’Alexandra Palace di Londra il 19 giugno di quest’anno. Concerto poi diffuso in tutto il mondo in lieve differita.
In questi giorni avrebbe dovuto essere nelle sale anche il film omonimo, non fosse che le sale sono chiuse e tutto è molto triste. Resta soltanto il supporto sonoro voce e piano e non è poco. Peccato soltanto che in tale veste non si percepisca l’effetto di straniamento provocato dall’uomo solo nel grande spazio concertistico e non si spieghino altre piccole cose – ad esempio che cosa provochi la risata alla fine di (Are You) The One That I’ve Been Waiting For?. Comunque sia, il puro ascolto suscita sentimenti ampiamente positivi, nonostante un dubbio alligni.
Il flusso di Idiot Prayer
Idiot Prayer è un flusso quasi metafisico di canzoni senza applausi fra l’una e l’altra, un flusso in cui ci si dovrebbe immergere senza pensieri tipo “su che disco stava questa?”, “com’era l’arrangiamento originale?”. Il repertorio spazia lungo l’intera carriera caviana, fatta eccezione per i primi due album ‘selvatici’ e per Murder Ballads, e privilegia l’artista più lirico e posato rispetto a quello ancora luciferino ma ben strutturato di Henry’s Dream o Let Love In. Che è peraltro quello che molti suoi fans hanno conosciuto in prima battuta.
Mancano dunque turboclassici quali Tupelo, Do You Love Me? o The Weeping Song, mentre il caposaldo di ‘angoscia civile’ The Mercy Seat perde in questa edizione il suo strazio e il suo odore di carne bruciata. Perfetti per l’occasione appaiono invece i momenti di limpida melodia, in particolare Girl In Amber, Jubilee Street, He Wants You, Into My Arms. Notevole la stralunata versione di Higgs Boson Blue, mentre l’unico inedito, Euthanasia, può apparire un pezzo minore, eppure rappresenta il momento più sereno dell’album e forse l’indicazione di un’uscita dal tunnel del dolore iniziato con la morte del figlio Arthur. Solo questo basta a farlo apprezzare.
Il momento migliore dell’album
Cave non è un pianista pirotecnico e alla lunga si sente. Ma quasi a fine programma arriva Papa Won’t Leave You, Henry che scompiglia voce, tasti e, forse, capelli del nostro e in un attimo ci ricorda perché lo abbiamo amato tanto. Qui riprende un pezzo in cui è sempre parso fondamentale il poderoso scatto ritmico in coincidenza con il ritornello che nei concerti con i Bad Seeds fa balzare in avanti e/o in alto tutto il pubblico. Eppure anche così, e anche senza il call-and-response, il risultato è perfetto, anzi consente di cogliere al meglio l’intensità dolente delle parole. Che era poi una delle intenzioni principali di questo progetto solista.
Si è parlato di un dubbio riguardo a Idiot Prayer ed è un dubbio che riguarda in realtà tutta la carriera dell’artista di Melbourne a partire dagli anni ’10. Artista colto, solenne, profondo, eppure un po’ compiaciuto della propria consolidata importanza in chiave “Maestro che fu maudit”. E in occasione di Ghosteen più attento a parole e atmosfere che alla forma-canzone.
La ragion d’essere di Idiot Prayer
Idiot Prayer potrebbe dunque rappresentare la chiusura di un ciclo artistico e umano per Nick Cave. Se così fosse di degna chiusura si tratterebbe. Su 22 pezzi l’ascolto fatica a volte a mantenere la dovuta attenzione e una certa autocelebrazione a momenti fa capolino. Anche se poi basta ascoltare una frase come “I don’t believe in an interventionist God” per trovarsi di nuovo motivati.
Ora però ci piacerebbe poter ascoltare Nick Cave, ma anche Moses Sumney o gli Arcade Fire o persino i Future Islands in un Alexandra Palace pieno di gente. La redazione di Tomtomrock al completo ci andò anni fa per un concerto di Morrissey: il posto era pieno (fra il pubblico anche Boy George), l’acustica apprezzabile e ci si divertì parecchio con il Moz non ancora impazzito del tutto. Speriamo che i concerti tornino presto e, in ogni caso, grazie Nick.
Be the first to leave a review.