Peppe Voltarelli – Planetario

Peppe Voltarelli fra Italia, Spagna e oltre con il suo Planetario.

Un viaggio nel mondo e nel tempo: è quello che ci propone Peppe Voltarelli con il suo quinto disco solista, Planetario (Squilibri). Un viaggio che nasce dalla costola catalana del Club Tenco, Cose di Amilcare, prendendo spunto da uno spettacolo teatrale ideato con Sergio Sacchi sui porti del Nord Europa. Da qui l’idea si è allargata, andando a toccare molte regioni e continenti, e molte musiche diverse: dal tango argentino alla canzone francese, dall’America di Dylan alla Russia di Vitsosky, senza dimenticare i grandi cantautori spagnoli e italiani. Unendo la sua voce a quella dei molti artisti che il cantautore calabrese ha conosciuto nei suoi tour in giro per il mondo, il disco è diventato così quasi un manifesto di quell’arte dell’incontro che da sempre fa da sfondo all’idea stessa del Club Tenco.

Ci sono i classici della canzone francese

Dal progetto sui porti del nord Europa arrivano tre classici della canzone francofona, scritti da due veri e propri giganti, Léo Ferré e Jacques Brel. Dal repertorio del primo, Voltarelli riprende, nelle traduzioni italiane di Enrico Medail, Ostenda, arrangiata con organetto, violoncello e piano, offrendone un’interpretazione intensa, e Rotterdam, che in quest’arrangiamento per organo e contrabbasso assume un andamento quasi da valzer. Dal repertorio del belga Brel arriva uno dei suoi tanti capolavori, Amsterdam, che nella traduzione italiana di Sergio Sacchi diventa Nel porto di Amsterdam: altra grande e intensa interpretazione di Voltarelli, con un arrangiamento full band in cui spicca ancora l’organetto di Alessandro d’Alessandro. Un altro brano in francese è A la manic, canzone che arriva dal Québec, poco conosciuta alle nostre latitudini, ma popolarissima tra i concittadini del suo autore Georges Dor.

Senza dimenticare la Spagna

Molto ben rappresentata è anche la canzone d’autore spagnola e catalana, con alcuni dei nomi più rappresentativi, in alcuni casi anche ospiti nel disco. Come Joan Manuel Serrat che canta insieme a Voltarelli questa versione italiana della sua Saeta. Ed è la voce di Luis Eduardo Aute quella che sentiamo in chiusura della sua All’alba, tratta però da una registrazione live del 1993, realizzando un duetto virtuale ma anche per questo ancora più toccante, per un brano che racconta in maniera poetica l’ultima notte di un condannato a morte. Di un’altra condanna a morte, quella  dell’anarchico Puig Antich, tratta la bellissima Margalida, altra interpretazione splendida di Voltarelli, con ospite l’autore del brano Joan Isaac. Tradotta in italiano anche questa da Sacchi, così come la Millenovecentoquarantasette di Joaquín Sabina, che con una bella intuizione viene trasporta da Madrid a Napoli. S’invertono le parti per Els mariners, brano originale di Voltarelli qui tradotto in catalano da Rusó Sala e cantato in coppia dai due.

Gli ospiti di Peppe Voltarelli per Planetario

I grandi ospiti non sono finiti: in Per un sentiero il cantautore calabrese alterna la sua voce a quella dell’autore Amancio Prada, accompagnati solo da chitarra e viola; nella splendida Voce d’asfalto, omaggio a uno dei padri del tango, Roberto “Polaco” Goyeneche, troviamo la voce della regina del tango odierno, l’argentina Adriana Varela, per un bellissimo duetto contrappuntato dal violino di Angapiemage Persico: per arrivare all’intensa 26 aprile 1945: Piccola serenata diurna, dove Voltarelli alterna la sua voce a quella dell’autore del brano, il cubano Silvio Rodríguez, offrendo un’altra interpretazione superba e toccante.

 

Tappa in America e Russia

Oltre all’Europa e all’America latina, il viaggio di Peppe Voltarelli tocca anche l’America e la Russia, con due veri e propri numeri uno: Bob Dylan e Vladimir Vysotsky. Riproporre Dylan non è mai semplice, Voltarelli ci prova con la traduzione italiana di Winterlude che diventa Inverludio, con un arrangiamento a base di strumenti giocattolo: esperimento riuscito. Altrettanto difficile avvicinarsi all’opera di Vysotsky: la scelta cade su uno dei classici dell’attore e cantautore russo, Cavalli bradi, resa con una convincente interpretazione e un arrangiamento in cui al posto degli archi e della tromba dell’originale, troviamo i più mediterranei organetto e mandolino. Per completare il viaggio nel mondo della musica, Voltarelli sceglie anche due brani italiani: Musetto, un leggero swing dal repertorio di Domenico Modugno, e La prima compagnia, di Sergio Endrigo e Luis Bacalov, che danno modo a Voltarelli di dimostrare ancora una volta le sue doti d’interprete, capace di fare sue le canzoni senza snaturarle.

Planetario ha dato a Peppe Voltarelli la terza Targa Tenco della sua carriera

Prodotto da Sergio Secondiano Sacchi, autore anche della maggior parte delle traduzioni in italiano, e da Daniele Caldarini, che ne ha curato gli arrangiamenti, il viaggio musicale di Planetario porta a Voltarelli la seconda Targa Tenco come miglior interprete, dopo quella conquistata alcuni anni fa per il suo lavoro sulle canzoni di Otello Profazio. Un riconoscimento meritato, per questo bellissimo viaggio in cui Voltarelli ci invita a osservare gli astri del suo Planetario, che non sono le stelle della volta celeste ma quelle della miglior canzone, che non conosce confini geografici, linguistici e di genere musicale.

Peppe Voltarelli – Planetario
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Musicalmente onnivoro, tendo a non rinchiudere i miei ascolti in generi musicali definiti. Collaboro con radio locali e testate on line. Faccio parte della giuria di alcuni premi nazionali (Premio Tenco, Premio Nazionale Città di Loano per la musica tradizionale).

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